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la figura del promotore finanziario e la situazione economica attuale. intervista a Fabio Guercini, consigliere nazionale Anasf

(ASI) Tempo di crisi. I risparmi si assottigliano, i consumi si contraggono. Tempi più difficili per tutti, anche per chi di mestiere fa il promotore finanziario. In Italia i PF operativi, cioè con un mandato, sono circa 34.500, realizzano una raccolta di risparmio di circa 231 miliardi di euro, pari al 6,5% del totale, ed hanno oltre tre milioni e mezzo di clienti-risparmiatori che si affidano a loro per la gestione dei loro soldi.

Una fetta di mercato di tutto rispetto, oltretutto tendenzialmente in aumento. Una professione che può essere esercitata solo dopo aver superato un impegnativo esame di stato, che dà diritto all’iscrizione al relativo albo (APF). Un lavoro regolato da normative (giustamente) molto severe a tutela della correttezza verso i risparmiatori. E da un rapporto “monogamico” con una Banca, un’Assicurazione od una Sim: ogni promotore, può avere un solo mandato, cioè può lavorare alla raccolta di risparmio a nome e per conto di un solo soggetto finanziario.

I promotori, tra l’altro, periodicamente sono sottoposti a verifiche sulla loro probità e si sono autodisciplinati anche attraverso un rigoroso codice deontologico. L’Associazione Nazionale dei promotori Finanziari (ANASF) ha redatto anche la Carta dei diritti dei Risparmiatori, cui i propri associati si ispirano nel loro agire professionale. La Carta riconosce e declina, tra l’altro, la libertà di scelta di investimento del risparmiatore; il suo diritto ad un’informazione chiara, completa e trasparente, ad un prodotto d’investimento adeguato, a regole e sanzioni certe a tutela di un mercato ben regolato e sottoposto a controlli adeguati.

Fabio Guercini, 52 anni, ragioniere, promotore finanziario di lungo corso, è da un anno consigliere nazionale dell’ANASF, ed ha ricoperto l’incarico di Coordinatore regionale dei Promotori umbri dal 2001 al 2011. Lo abbiamo sentito per leggere l’attuale situazione economica e finanziaria attraverso il punto d’osservazione di chi fa il suo mestiere.

Guercini, perché un risparmiatore, nell’attuale situazione finanziaria, per gestire i propri risparmi dovrebbe rivolgersi ad un promotore piuttosto che ad una banca o ad un’assicurazione, o magari rifugiarsi nell’oro o negli immobili? Con quali convenienze e vantaggi?

In generale, e non solo nel momento storico attuale, il promotore finanziario, rispetto ad un altro soggetto che fa raccolta di risparmio, può offrire al cliente una gamma di prodotti ed una differenziazione di rischi e di opportunità di guadagno più ampie. Infatti, i promotori hanno la prerogativa di essere abilitati ad operare “fuori sede”, ovvero possono offrire prodotti anche su fondi di case terze. In più, c’è il servizio di consulenza, che poggia su un rapporto fiduciario, sul contatto e sul rapporto personalizzato: e la categoria dei promotori punta molto su questo aspetto, cerando di trasformare anche la propria denominazione in quella di consulenti finanziari. Il consiglio giusto al momento giusto sui tempi e rendimenti migliori per ciascun risparmiatore. In tempi di crisi, il promotore dà più affidamento di altri canali di investimento, proprio perché conosce personalmente il cliente, le sue esigenze e le sue difficoltà, e conosce anche il mercato, su cui può operare un’ampia diversificazione del portafoglio. Per cui, può fare l’abito su misura. Non a caso, da una recente indagine Eurisco, risulta che i clienti dei promotori hanno un indice di soddisfazione per il servizio avuto, ed una percezione di affidabilità, più alti di quelli dei clienti di banche, poste o assicurazioni.

Tutto bene, si direbbe. Ma anche nel vostro campo si sono verificati alcuni casi clamorosi di raggiro dei clienti, nonostante la rigorosa normativa che disciplina l’attività dei promotori…

Guardi, sono episodi limitati, direi quasi “fisiologici”. Da dati in mio possesso, sono in grado di quantificare i casi di sanzioni disciplinari irrogate da parte dell’organo di vigilanza Consob, in non più dello 0,5% sul totale degli iscritti all’albo professionale.

In questo periodo, le banche ed il sistema finanziario in generale, sono finiti sotto accusa per essere state causa della crisi mondiale con le loro gestioni sconsiderate. Dal suo punto d’osservazione quale è la situazione?

Certamente il mondo del credito è in sofferenza fortissima. Le banche soffrono di mancanza di liquidità e si apprestano a drastici tagli di spese sul personale ed a vendite patrimoniali senza precedenti. Questo anche perché non tutte le banche hanno rimesso sul mercato del credito le risorse ricevute dalla Banca Centrale Europea. C’è stato chi, a vario titolo, li ha usati per finanziare operazioni o coprire “buchi” che nulla avevano a che fare con il credito all’economia. Il risultato è che molte banche oggi non possono concedere mutui per mancanza di liquidità, cioè abdicano alla loro funzione precipua di sostegno all’economia, e questo proprio nel momento in cui tutti parlano di necessità di dar gambe alla ripresa.

Il governo Monti, da molti definito come il governo delle banche, secondo Lei come si è inserito in questo processo?

Il governo Monti ha difeso il sistema pubblico e quello bancario per evitare che saltasse il sistema Italia.

In base alla sua esperienza lavorativa, come si è risentito della crisi economica nel suo settore?

Direi che la contrazione si è sentita soprattutto tra i risparmiatori medio piccoli, che tendono a mettere di meno da parte perché, per far fronte alle necessità, devono intaccare la percentuale di risparmi che prima accumulavano I risparmiatori più abbienti, invece, tendono a contrarre i consumi, ma a mantenere i loro livelli di risparmio e anche per questo ricercano sul mercato maggiori competenze e la consulenza personale. In generale, si sta affermando una maggiore propensione verso il risparmio a lungo termine (fondi pensione, piani accumulazione, etc..). Si risparmia pensando più al futuro e meno all’impiego dei risparmi nell’immediato. Questo riflette una preoccupazione ed un’incertezza che non si riscontravano da parecchio tempo.

Sfiducia nel domani, insomma. Ma le prospettive di ripresa?

Ormai tutti gli analisti concordano nel dire che il 2013 sarà l’anno in cui si avranno sintomi di ripresa. Ma è ormai chiaro a tutti - e chi ha il governo dei processi non potrà non tenerne conto – che l’asse dell’economia si è cominciato a spostare verso oriente e verso i Paesi emergenti, e non solo quelli del cosiddetto BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Sono le parti del mondo in cui non c’è un welfare evoluto; non c’è (anche per questo) la voragine del debito pubblico che attanaglia l’occidente; i costi (e le tutele) del lavoro sono bassi. L’occidente, e in particolare l’Europa, può solo puntare sulla qualità del prodotto, altrimenti non potrà competere.

In questo cambio epocale di scenari, il mondo del credito in generale e quello dei promotori in particolare, ritengono sufficiente svolgere il proprio compito come sempre fatto tradizionalmente, o si sentono sollecitati a dare in qualche modo un contributo nella direzione della chiarezza e trasparenza circa la situazione globale e i modi migliori per affrontarla?

Mi piace risponderle con un’iniziativa concreta che sta conducendo l’ANASF, l’Associazione di cui sono consigliere nazionale. Ormai da tempo si ripete nelle scuole superiori italiane, “Economic@mente, metti in conto il tuo futuro”, un progetto di educazione finanziaria rivolto agli studenti delle ultime tre classi. Il progetto è innovativo perché vuole sviluppare nei giovani adeguate conoscenze dei meccanismi finanziari non fini a sé stesse, ma legate alle loro reali esigenze, aspirazioni e aspettative di vita nella situazione mondiale attuale. Occorre far loro comprendere che il mondo non sarà più quello che è stato per i loro genitori e perciò è fondamentale capire il valore della pianificazione finanziaria per raggiungere i propri obiettivi di vita. In Italia, dove siamo in ritardo rispetto ai paesi anglosassoni, lo sviluppo di questa cultura finanziaria è tanto più importante, visto che i livelli di welfare vanno a diminuire, così come le risorse in generale. Dunque, è indispensabile che i giovani siano orientati meglio sul “ciclo di vita” che è cambiato rispetto a qualche lustro fa. Rispetto a prima, si finisce di studiare, si trova lavoro, ci si sposa e si hanno figli, si va in pensione e si muore ad età diverse. Dunque, è necessario cambiare visuali di vita, imparare a gestire meglio le proprie risorse (in primis la risorsa tempo, quella più importante che hanno i giovani) verso gli obiettivi di lavoro, di vita, di investimento che si sono scelti. Il corso vuole aiutare i giovani ad imparare a pianificarsi per la vita e, di conseguenza, a programmare le risorse e a conoscere gli strumenti di mercato meglio in grado di soddisfare i propri bisogni e obiettivi. Come vede, i promotori guardano avanti e lavorano perché anche gli adulti di domani siano più consapevoli di ciò che li circonda. Perché siano non tanto “clienti” sprovveduti, ma soprattutto risparmiatori avveduti.

Daniele Orlandi Agenzia Stampa Italia

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