(ASI) Questa sentenza in favore di un imprenditore di Firenze non ha tanto il gusto di una vittoria, ma, di una presa di coscienza. Imprenditore edile di 60 anni, contribuente modello, ad un certo punto, nel 2007, non versa l'Iva. Su di lui un decreto penale, una condanna per 7.500 euro alla quale si oppone, facendo ricorso presso il tribunale di Firenze dove il giudice lo assolve dandogli ragione, la motivazione: alla base della punibilità mancano quegli elementi di volontà e coscienza di compiere il reato.ci è stato costretto per causa di forza maggiore.
L'imprenditore in aula e in sua difesa ha dichiarato: «Ho sempre pagato le tasse, ma farlo quella volta mi avrebbe portato al fallimento». Durante il rito abbreviato ha presentato al gup Paola Belsito tutti i conti e i documenti riguardanti la situazione della sua azienda, sempre florida e in regola con il fisco, ma in questo periodo di crisi, con crediti importanti non riscossi per una commissione importante, rischiava di fallire se pagava l'Iva. Storia di molti imprenditori derisi dagli agenti del fisco: i debitori non pagano, le banche chiedono sempre più garanzie. A questo si deve aggiungere i fornitori da pagare, gli operai da mantenere, il fisco da onorare. Il p.m. Sandro Curignelli: «In un momento come questo, con molti imprenditori in difficoltà, è importante sapere che non si va al macello ma si può veder riconosciute le proprie ragioni». Questa sentenza crea un importante precedente, ci fa fare un passo avanti in quanto riconosce all'onesto contribuente in difficoltà di non essere un evasore, ma un cittadino – imprenditore da difendere e tutelare. Lo Stato non può davvero scegliere la logica perversa di far fallire imprese su imprese, vanno distinti gli imprenditori onesti da quelli evasori per professione, salvati i primi e condannati esemplarmente i secondi. Insomma, per il giudice, l'imprenditore non ha voluto volontariamente evadere il fisco, Ufficio Stampa Federcontribuenti