(ASI) Sesto San Giovanni, 16 luglio 2019 - «Noi, in Parlamento, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare e che potevamo fare rispetto alla vicenda che ha coinvolto le associazioni di Sesto San Giovanni: abbiamo sollevato una questione che riguarda il territorio di Sesto ma che è anche nazionale. Il valore di ANED e del loro archivio conservato a Sesto, infatti, va oltre il territorio sestese e, quindi, credo che sia stato giusto porre la questione a livello nazionale. Con un’interrogazione depositata in Senato, abbiamo chiesto al Governo cosa si intenda fare per tutelare questo patrimonio, che è di Sesto San Giovanni ma è anche del Paese. Ovviamente abbiamo sollevato la questione a livello nazionale anche sapendo che c’è una questione più generale che riguarda il rapporto conflittuale che ha l’attuale amministrazione sestese con l’associazionismo. Una vicenda come quella della messa all’asta della palazzina in Via Dei Giardini (dove sono ospitate diverse associazioni, tra cui ANED) dimostra come vi sia una volontà punitiva da parte dell’amministrazione comunale nei confronti delle associazioni e, soprattutto, nessuna volontà di dialogo». Lo ha detto il senatoreFranco Mirabelli, Vicepresidente del Gruppo PD al Senato ed eletto nel collegio di Sesto, intervenendo all’assemblea con le associazioni sestesi organizzata dal PD di Sesto San Giovanni.
«Il Sindaco Di Stefano e la sua amministrazione vogliono penalizzare e controllare le associazioni nel tentativo di cancellare la storia democratica e antifascista della città. - ha proseguito Mirabelli - Questa idea di cancellare la Storia tirando una riga serve a chi vuole sdoganare le forze che sono state sconfitte dalla democrazia (il Comune ha pure concesso uno spazio per l’iniziativa di CasaPound). In operazioni di questo tipo, oltretutto, il Sindaco Di Stefano non è solo perché frasi del tipo che la “Resistenza appartiene al passato” le dice anche il Ministro degli Interni».
«L’associazionismo non è di una parte ma è patrimonio e ricchezza di tutti e per tutti i cittadini. - ha spiegato il senatore PD in una sala gremita dai rappresentanti del mondo associativo - Le associazioni non sono un patrimonio della sinistra ma della città; sono carne viva di Sesto San Giovanni; sono cresciute dentro Sesto e l’hanno fatta crescere e pensare di ridurle ad un elemento di una fazione vuol dire davvero entrare con un cuneo e spaccare la convivenza civile e le solidarietà dentro una città. Non si riesce a capire che l’associazionismo è una ricchezza per Sesto e bisognerebbe saperci dialogare, a prescindere dalla parte politica. Le associazioni non sono solo un elemento che dà servizi ai cittadini ma promuovono anche la convivenza civile; fondano l’identità sestese per come conosciamo Sesto San Giovanni; creano la partecipazione e la solidarietà tra le persone. Non c’è, quindi, solo l’idea di cancellare un patrimonio ma c’è l’idea di dividere la città. Di Stefano vuole dividere la città, decidere chi può fare e chi no discriminando: ha chiuso lo sportello per gli immigrati, ha tolto il sostegno ai bimbi disabili (e per questo è stato condannato dagli organi amministrativi), seleziona le associazioni, decide chi può pregare e chi no a Sesto. Così si impoverisce una intera comunità cittadina; non è così che si governa».
«Questo - ha concluso il senatore Mirabelli - richiede il fatto che il Partito Democratico e gli altri partiti che non si riconoscono nelle scelte dell’attuale amministrazione debbano fare la propria parte nelle istituzioni e debbano essere capaci di fare il proprio dovere e di stare dentro ad un movimento che, però, deve avere nelle associazioni la propria ispirazione. E deve essere un movimento che deve cominciare a parlare a tutti i cittadini perché stiamo parlando del patrimonio e dell’identità di una città. C’è una grande battaglia da fare. Noi ci siamo: quello che potremo fare in Parlamento lo faremo e quello che potremo fare sul territorio da parlamentari lo faremo perché questa non è una vicenda locale ma riguarda una grande città che è stata un simbolo e su cui ora si sta facendo un’operazione che non è accettabile».
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