Segretario UIL Carmelo Barbagallo ad Agenzia Stampa Italia: “Sciopero generale? Governo non ci costringa a questo passo”

(ASI) “Se il governo non dovesse convocarci, la nostra mobilitazione proseguirà. Arriveremo a uno sciopero generale? Spero proprio di no, perché sarebbe un costo per tutti: i lavoratori perderebbero il salario di una giornata e il Paese perderebbe un punto di Pil. Faremo di tutto per evitarlo, ma il Governo ci convochi per non costringerci a questo passo”. Lo dichiara il segretario nazionale della Uil in un’intervista ad Agenzia Stampa Italia.

Carmelo Barbagallo ricorda, al nostro giornale multimediale, il successo della manifestazione svolta, insieme a CGIL e CISL, lo scorso 9 febbraio in piazza San Giovanni a Roma. Non esprime un giudizio totalmente negativo sulla manovra varata dall’esecutivo giallo – verde, ma torna a chiedere maggiori investimenti nelle infrastrutture, “una riforma fiscale più equa ed economicamente più efficiente” e un impegno sostanzioso nei confronti del rilancio del Mezzogiorno. Sottolinea la necessità di modificare la legge Fornero, “insediando le due commissioni per la separazione della previdenza dall’assistenza e per l’individuazione degli altri lavori gravosi”. Nulla in contrario sulla riforma pensionistica “quota 100”, aggiunge però che “si deve trovare una soluzione anche per tanti altri lavoratori che avrebbero diritto di andare in pensione e non ci possono andare”. Evidenzia poi il bisogno di diminuire la pressione fiscale e teme che la Flat Tax possa configurare “profili incostituzionali”. Apprezza il via libera al Reddito di cittadinanza, definendolo “utile strumento contro la povertà”, ma richiama l’importanza della lotta alla disoccupazione giovanile. Mette in luce la rilevanza del dialogo per superare le tensioni sociali attuali, in Italia e nel vecchio continente, causate dall’austerità. E’ fondamentale, a suo giudizio, “cambiare quelle regole per ridare fiato, forza e gambe all’Europa sociale e dei popoli” sognata dagli autori del Manifesto di Ventotene.

 

Segretario Carmelo Barbagallo, avete organizzato, insieme a Cgil e Cisl una manifestazione, lo scorso 9 febbraio, a Roma. Quale bilancio può trarre in merito all’iniziativa svolta?

Mi pare che non servano parole per sottolineare l’enorme successo della manifestazione: parlano, da sole, le immagini di Piazza San Giovanni stracolma al punto da non consentire l’afflusso dei partecipanti dalle vie attigue, anch’esse piene di lavoratori, pensionati e giovani. Una folla così immensa non la si vedeva da molti anni. C’è tanta voglia di partecipare alla rinascita del Paese. Il Governo non può non tenerne conto: non sia autoreferenziale, ascolti questa gente e cerchi di trovare le soluzioni insieme alle parti sociali.

 

Che cosa avete chiesto al governo e quali sono i punti principali del documento inviato, al premier Giuseppe Conte, a dicembre e ignorato dal presidente del Consiglio?

Noi puntiamo allo sviluppo del Paese e alla valorizzazione del lavoro. Per ottenere questi risultati servono, innanzitutto, investimenti pubblici e privati in infrastrutture materiali e immateriali. Questa è la strada maestra per creare lavoro: è inutile sfornare norme che dovrebbero aiutare i giovani a cercarlo se prima non lo si crea! Poi, c’è la questione fiscale. Le tasse pagate dai lavoratori dipendenti sono di gran lunga superiori alla media delle tasse versate dai loro colleghi europei, mentre i pensionati italiani pagano addirittura il doppio delle tasse versate dai pensionati europei. Se a ciò ci aggiunge che l’evasione fiscale, stando alle stime di Confindustria, si aggirerebbe intorno ai 111 miliardi, si capisce che è urgentissimo mettere mano a una riforma fiscale più equa ed economicamente più efficiente. Bisogna, inoltre, affrontare la questione del Mezzogiorno, che deve essere messo nella condizione di contribuire al rilancio del Paese, e occorre proseguire nell’azione di modifica della legge Fornero, insediando le due commissioni per la separazione della previdenza dall’assistenza e per l’individuazione degli altri lavori gravosi. Ci sono, infine, la questione dei rinnovi dei contratti del pubblico impiego e altri capitoli ancora, altrettanto importanti e ben evidenziati nella nostra piattaforma. Al Governo, dunque, chiediamo di convocarci e di attivare i tavoli per trovare, insieme, le soluzioni ai problemi ancora aperti, così da avviare un percorso per la crescita e lo sviluppo.

 

La Uil sta valutando l’ipotesi, con la Cgil e la Cisl, di indire uno sciopero generale, o come procederà la vostra mobilitazione in caso di assenza di risposte da parte dell’esecutivo giallo - verde? Siete disposti a chiedere formalmente le dimissioni del governo?

Noi facciamo Sindacato e non siamo la stampella né del Governo né delle opposizioni: non spetta a noi chiedere le dimissioni di nessun Esecutivo, non rientra nei nostri compiti. Se il Governo non dovesse convocarci, la nostra mobilitazione sindacale proseguirà. Arriveremo a uno sciopero generale? Spero proprio di no, perché sarebbe un costo per tutti: i lavoratori perderebbero il salario di una giornata e il Paese perderebbe un punto di Pil. Faremo di tutto per evitarlo, ma il Governo ci convochi per non costringerci a questo passo.

 

Palazzo Chigi sostiene che la legge di Bilancio approvata porterà a nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione, genererà sgravi per le aziende anche private che assumeranno a tempo indeterminato e migliorerà il contrasto del lavoro irregolare. Perché, secondo lei, sono misure inefficaci?

Noi non abbiamo dato un giudizio completamente negativo sulla manovra. Abbiamo detto che ci sono alcune cose positive, ma che molte altre possono essere migliorate o devono essere modificate, anche per evitare incongruenze e contraddizioni. Vorremmo fare la nostra parte: abbiamo delle proposte, il Governo ci ascolti.

 

Che cosa pensa del Reddito di cittadinanza e della Flat Tax? Perché sono provvedimenti, a vostro giudizio, non validi?

Anche in questo caso, a differenza di quel che si vorrebbe far credere, noi abbiamo sostenuto che il reddito di cittadinanza può essere un utile strumento contro la povertà, ma vorremmo anche che si creasse lavoro per i giovani. Analogo ragionamento vale per la cosiddetta “quota 100”: nulla in contrario, ma si deve trovare una soluzione anche per tanti altri lavoratori che avrebbero diritto di andare in pensione e non ci possono andare. Per quel che riguarda, infine, la flat tax, temiamo che si possano configurare profili di incostituzionalità. Bisognerebbe ridurre le tasse, lo abbiamo già detto, anche ai lavoratori dipendenti e ai pensionati, categorie tra le più tartassate di Europa. Peraltro, questo sarebbe un modo per far crescere il potere d’acquisto di soggetti che hanno la propensione marginale al consumo più alta. Circa il 70% delle nostre imprese produce beni e servizi destinati al mercato interno: se nessuno ha i soldi per acquistarli, quelle aziende e i loro lavoratori rischiano di avere gravi ripercussioni, e a nulla gioverebbero aiuti e sgravi.

 

Come riscrivereste l’intera Manovra?

Le nostre proposte sono nella piattaforma: non le ripeto qui per ovvi motivi di spazio. Ad alcune ho già accennato poco prima. E, comunque, lo ribadisco: non spetta a noi scrivere la manovra economica. Vogliamo dare solo il nostro contributo e discutere su alcune nostre proposte per restituire futuro al lavoro.

 

C’è, a vostro giudizio, un livello elevato di tensione sociale, in Italia, da generare forti contestazioni come in Francia? Che cosa pensa dell’incontro tra il vicepremier Luigi Di Maio e l’esponente pentastellato Alessandro Di Battista, nel paese d’oltralpe, con i gillet gialli? Come giudica la crisi diplomatica in corso, causata da questo atteggiamento, tra Roma e Parigi?

Non entro sul terreno delle questioni politiche. Dico solo che in Italia come in Europa ci sarebbe bisogno di dialogo, ad ogni livello, piuttosto che di contrapposizioni. Il disagio sociale cresce ovunque e questo è colpa di una politica dell’austerità che ha generato solo povertà. Ecco, bisogna cambiare quelle regole per ridare fiato, forza e gambe all’Europa sociale e dei popoli: quella che sognavano gli autori del Manifesto di Ventotene e che noi vorremmo consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti.

 

Marco Paganelli -  Agenzia Stampa Italia

 

 


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