Istantanee politiche ASI.  Espropriati gli Italiani del loro diritto di voto e di esprimere un governo non gradito all'UE?

(ASI) Dopo 84 lunghissimi giorni di estenuanti trattative, di fatto non abbiamo un Esecutivo e, ciò, nonostante le pressanti emergenze ed i grossi problemi socio-economici che stanno attanagliando l'Italia. Inoltre, non abbiamo nemmeno un Governo operativo che sia l'epressione della volontà popolare.

Oltre a questa palese instabilità, quello che è successo ieri a livello istituzionale e politco è un segnale  poco rassicurante per tutti. Una situazione delicata che deve stimolare i connazionali a fare una seria, approfondita ed attenta riflessione. Ne viene fuori un Paese diviso e deluso. Da un lato, c'è il richiamo alle prerogative che la Costituzione assegna al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dall'altro, c'era la leggittima volontà, anch'essa rispettosa della Costituzione, manifestata dalle due forze politiche che componevano il "Governo del Cambiamento". Infatti, M5S e Lega avevano stipulato un contratto basato sulle priorità da affrontare e sulle cose da fare per provare a far ritornare la speranza fra la gente e l'Italia protagonista, tanto che avevano deciso pure il nome del Presidente del Consiglio e la compagine dei ministri. Il tutto, con l'obiettivo ribadito, di tentare di fare gli interessi degli Italiani, ma anche per dare, a livello interno ed internazionale, un segnale politico forte è chiaro di profonda discontinuità con i recenti governi, giudicati inadatti e troppi morbidi con la politica dell'austerità della UE.

Quando sembrava che il "Governo del Cambiamento" con a capo il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte prendesse vita, all'improvviso, tutto è saltato. Motivo? Il nome del ministro dell'economia Savona.  Poi, la storia continua con il Presidente  della Repubblica Mattarella che ha dato l'incarico a Carlo Cottarelli. Ma chi è  Cottarelli? E' uno stimato economista che, non è stato eletto. Un esperto che in passato ha rivestito ruoli importanti nel Fondo Monetario Internazionale e che, a livelo istituzionale, ha avuto incarichi sia nel governo Letta, sia in quello Renzi.

Le cause di questa deriva ed il cambio di rotta sono evidenti a tutti. Invece, una cosa quantomeno particolare, è il fatto che sulla questione delle responsabilità di questa 'bocciatura' del "Governo del Cambiamento", il Presidente della Repubblica ed il M5S-Lega hanno opinioni totalmente diverse. Che abbiano ragione entrambi? Per cercare di comprendere meglio a cosa si riferiscono le ragioni dell'uno e dell'altro, andiamo a consultare nello specifico cosa prevede la Costituzione. Di solito, quando esiste un contrasto fra norme divergenti di ordinamenti giuridici diversi, prevale l'ordinamento giuridico superiore. Nel caso di specie è lo stesso ordinamento.

Sono chiari i poteri e le prerogative che le norme della Costituzione riconoscono al Presidente della Repubblica, con riferimento al Titolo II, agli articoli 87 e 88, ed al Governo, con riferimento al Titolo III, agli articoli 92 ("Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri...") e 94 ("Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere..."). Il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, nominato dal Presidente Mattarella, ha assolto al suo compito proponendogli l'elenco dei ministri ma, come sappiamo, il Presidente Mattarella ha posto il veto sul ministro dell'Economia designato, Paolo Savona, e, de facto, non ha dato la possibilità al nascente Governo di essere giudicato dalle due Camere del Parlamento Italiano.

 

La motivazione ce la fornisce la dichiarazione ufficiale del Presidente della Repubblica del 27 maggio del 2018:

"...In questo caso il Presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia, che non ha mai subito, né può subire, imposizioni.

Ho condiviso e accettato tutte le proposte per i ministri, tranne quella del ministro dell'Economia.

La designazione del ministro dell'Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari.

Ho chiesto, per quel ministero, l'indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l'accordo di programma. Un esponente che - al di là della stima e della considerazione per la persona - non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell'Italia dall'euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell'ambito dell'Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano.

A fronte di questa mia sollecitazione, ho registrato - con rammarico - indisponibilità a ogni altra soluzione, e il Presidente del Consiglio incaricato ha rimesso il mandato.

L'incertezza sulla nostra posizione nell'euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende"

(Presidente dela Repubblica Mattarella 27/05/2018)

 

Stante che l'Italia non è una Repubblica Presidenziale o Semi-Presidenziale, ovvero non prevede l'elezione diretta del Capo dello Stato, sia Di Maio sia Salvini hanno più volte ribadito che nel programma non c'era nessun riferimento all'uscita dall'UE e dall'Euro. Stessa cosa dicasi per Savona. In definitiva, quale delle 139 norme della Costituzione vieta ad un ministro di pensarla diversamente rispetto alla Commissione Europea in carica, alla BCE e alla volontà degli investitori stranieri? E, se anche fosse, dov'è scritto nella Costituzione che è illegittimo proporre di uscire dall'euro? Risposta: da nessuna parte.

Ma quello che, secondo me, è fondamentale e maggiormente dirimente è l'articolo 1 che recita:

"L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"

Pertanto è chiaro ed incontestabile che la sovranità appartiene unicamente al popolo che l'aveva manifestata, in questo caso, con il voto, esprimendo una composizione partitica del Parlamento, che vedeva M5S e Lega raccogliere la maggioranza sia alla Camera che al Senato.

Una cosa è certa: la volontà degli Italiani e la democrazia non possono né devono essere messi in discussione dall'aumento dello spread e/o dagli interessi dell'alta finanza.

Quindi, con la decisione del Presidente della Repubblica di porre il veto su Savona e la conseguente  irremovibilità manifestata da M5S e Lega, io, come tantissimi altri Italiani, ho civilmente manifestato la mia indignazione per come sono andate a finire le cose. Sono spaventato perché mi sono sentito anzitutto 'espropriato' del voto espresso ed in secondo luogo privato della speranza di vedere all'opera un laboratorio politico nuovo e della possibilità di giudicare nei fatti quello che veniva definito il "Governo del Cambiamento". Perché quell'Esecutivo - va rimarcato - aveva la maggiornanza nei due rami del Parlamento. Sono inoltre preoccupato per il crescendo negativo degli eventi e per gli effetti politici che ne deriveranno. Sono impensierito perché è stato conferito il nuovo incarico ad un personaggio che, sebbene autorevole  nel settore dell'economia, è comunque una figura non candidata alle scorse elezioni. Con l'aggravante che il suo esecutivo - già si sa - nasce sfiduciato poiché non avrà il sostegno della maggioranza dei parlamentari.

Non è contraddittorio non consentire a chi ha una maggioranza accomunata da un programma di partire come esecutivo, mentre si permette la nascita un governo che non riscuoterà il consenso delle due  Camere? Questa scelta istituzionale 'perdente' a chi giova? Occorre prendere atto che siamo di fronte ad una delle crisi istituzionali più importanti della storia repubblicana. Crisi che, al contempo, si inserisce all'interno di un vortice periglioso che vede quella economico-sociale mettere sempre più in ginocchio l'Italia. Infine sono molto allarmato dal fatto, che a differenza di casi simili avvenuti in passato, il veto di Mattarella su Savona potrebbe creare un pericoloso precedente basato sulla scelta di una persona, adatta o meno a ricoprire l'incarico di ministro, in funzione del gradimento della sua opinione da parte degli investitori stranieri. Ciò ribalta la gerarchia del principio di sovranità sancito dalla Costituzione. Infatti, stando così le cose, la sovranità non apparterrebbe più al popolo, ma esclusivamente agli interessi privati dell'alta finanza. Ciò è inaccettabile perché comporterebbe l'inutilità delle elezioni e la fine della democrazia, con la sfiducia degli Italiani verso la politica che raggiungerebbe il picco massimo e la conseguente, definitiva perdita della fiducia nelle istituzioni da parte degli Italiani.


Infine, in linea di principio, mi atterrisce molto il solo pensiero che il diritto di manifestare liberamente e civilmente la propria opinione (Art. 21 della Costituzione) non possa essere costituzionalmente garantito se avverso a qualche potere forte (non formato attraverso il meccanismo elettorale) ma, anzi, tale libertà possa essere un elemento ostativo a ricoprire incarichi istituzionali. Così come, a livello politico, mi terrorizza di più è il constatare che ancora in Italia sia tabù e, al momento, impossibile ridiscutere i trattati o mettere in discussione l'Euro, la politica di austerità dell'Unione Europea e che questo destino sia ineluttabile ed irreversibile. Ciò è inaccettabile, non degno di una nazione davvero democratica. E' una situazione pericolosa  che, come affermavo prima, deve spingere gli Italiani ad un'attenta riflessione ed ad una presa di coscienza della realtà. Abbiamo tutti il dovere civile di attivarci per difendere i diritti  sanciti dalla Costituzione e la nostra sovranità.

 

Ettore Bertolini - Agenzia Stampa Italia

 

 

 

 
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