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L’Europa vuole la sua fetta di spazio

(ASI) Da quando è finita la guerra fredda Usa e Urss, o meglio gli eredi della disciolta creatura leniniana, hanno praticamente abbandonato la corsa allo spazio, un tempo funzionale alla supremazia mondiale; anche lo shuttle, forse il veivolo simbolo di quell’epoca sta per andare in pensione.

L’Unione europea, che in quell’epoca era il parente povero, e succube, della due grandi potenze non ha mai avuto un importante programma spaziale ed ora, probabilmente fuori tempo massimo vorrebbe recuperare il tempo perso.

Proprio in quest’ottica si inserisce infatti in vista del Consiglio di competitività del prossimo 31 maggio l’Ue si è prefissata di definire una posizione unitaria nello sviluppo di una politica spaziale europea, la cui importanza ha trovato formale riconoscimento nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Il testo infatti, all’articolo 189, impegna l’Ue ad elaborare una propria politica in materia per favorire il progresso tecnico-scientifico, la competitività industriale e l’attuazione delle sue politiche.

In concreto nell’imminente riunione verranno tirate le somme delle conclusioni raggiunte dalle sette riunioni congiunte del Consiglio europeo, il Consiglio dell’Esa ed il Consiglio spazio, tutte conclusioni peraltro già adottate dal Consiglio competitività dell’Ue.

La priorità assoluta è stata assegnata all’attuazione dei progetti, cosiddetti “faro”, Global navigation satellite systems (Gnss), Galileo e European geostationary overlay service (Egnos) e Global monitoring for environment and security Gmes), come indicato dal IV Consiglio Spazio del 22 maggio 2007. Secondariamente il programma spaziale europeo si occuperà della lotta ai cambiamenti climatici, coopererà nella realizzazione di un sistema di sorveglianza dello spazio, per proteggere gli assetti spaziali, e allo sviluppo di capacità europee per rafforzare la vigilanza marittima, il controllo delle frontiere e il supporto agli interventi in situazioni di crisi.

La Ue in questo progetto ha investito molto su Egnos e Galileo, non a casa le prime due infrastrutture pubbliche dedicate allo spazio della vecchia Cee. Nello specifico il primo rappresenta un sistema di potenziamento, basato su satellite, per migliorare l’accuratezza dei segnali trasmessi dai sistemi di navigazione attualmente in funzione, ed è già operativo su buona parte dell’area europea. Galileo, i cui primi servizi sono previsti per il 2014/2015, dal canto suo garantirà invecel’indipendenza europea nel settore e assicurerà una copertura globale con un’accuratezza metrica e decimale in linea con i piani di ammodernamento del Gps americano e del Glonass russo.

Grazie al Gmes questo progetto avrà invece le strumentazioni adeguate per osservare la terra permettendo agli studiosi di perseguire gli obiettivi prefissati in tema di sviluppo, favorendo la lotta ai cambiamenti climatici, la sorveglianza marittima, il controllo dei confini e dei traffici illeciti, il supporto alla gestione delle emergenze e degli aiuti umanitari. Tutti obiettivi che l’Ue vorrebbe, ambiziosamente, raggiungere entro tre anni.

Appare opportuno segnalare che pur nato con finalità civili il Gmes alla fine sarà ottimizzato e sfruttato anche per rispondere alle continue evoluzioni dello scenario geostrategico globale il tutto ovviamente solo ed esclusivamente, dicono loro, per garantire la sicurezza dei cittadini.

 

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