Brexit: la Gran Bretagna teme il caos commerciale, i politici tentati (ma non troppo)  dalle elezioni anticipate

(ASI) In Gran Bretagna regna un forte nervosismo, per l'avvicinarsi della scadenza della Brexit (31 ottobre), e i problemi di arrivo e distribuzione dei generi di prima necessità (alimentari e sanitari, soprattutto) che probabilmente ne seguiranno.

Con un Paese che non sarà piu' parte della UE: e quindi, inoltre, nelle operazioni doganali, una volta uscito non potrà piu' applicare le tariffe, uniche e ridotte al minimo, del Mercato Comune Europeo, ma quelle , diverse nell’ ammontare e variabili a seconda del Paese di provenienza,. fissate normalmente dal WTO, l' Organizzazione Mondiale del Commercio. 

 A Londra il Labour Party (che da luglio , per bocca del suo leader Jeremy Corbyn, è diventato assai  piu' cauto sulla Brexit, non escludendo un nuovo referendum popolare, per dare l'ultima  parola ai cittadini), è  pronto a presentare una mozione di sfiducia al nuovo governo, guidato dal Brexiteer ad oltranza Boris Johnson, al ritorno in aula a settembre. Corbyn ha detto chiaramente, pochi giorni fa, di non escludere di farlo, ma di volerlo fare solo quando ci saranno consistenti probabilità di vittoria, causando le dimissioni del Premier.

A proposito di elezioni anticipate, comunque, lo stesso Johnson  non disdegna questa possibilità, sfruttando l' "effetto luna di miele con la nazione" per il  suo nuovo governo. Secondo l'autorevole testata  "The Guardian", però,  prima data utile per votare sarebbe il 24 ottobre: ipotesi improbabile, per l'eccessiva vicinanza alla scadenza della Brexit.  Ma a guardar bene,  in questo momento un’elezione anticipata sembra piuttosto un rischio per entrambi gli schieramenti ( facile, per certi aspetti, l’analogia con l’ Italia: con le due maggiori forze politiche, anche di fronte alla crisi di governo, favorevoli al ritorno anticipato alle urne solo a parole…).  

      Se infatti il Brexit Party, la nuova forza politica dichiaratamente "Brexiteer, senza se e  senza ma", fondata dall’ “ultraeuroscettico” Nigel Farage, si sta un po’sgonfiando (probabilmente anche per effetto proprio dell’ascesa di Boris Johnson, che sta occupando, in gran parte, lo stesso spazio politico ed elettorale di Farage), secondo la media dei sondaggi realizzati da "Opinium" e "YouGov" a luglio, media diffusa in questi giorni da alcune agenzie stampa, oggi ci sarebbero quattro partiti a giocarsi il primo posto. Conservatori (26%), Laburisti (21,7%), Liberal-Democratici (19%), e lo stesso Brexit Party (18,4

La situazione britannica, insomma, sembra evolversi in senso un po'... spagnolo, con 4 grandi partiti i cui potenziali elettorali non differiscono troppo tra loro, e la conseguente necessità di pensare a un futuro governo di coalizione. I conservatori avrebbero la maggioranza relativa, ma molti elettori, anche tories rimproverano a Johnson l'eccessiva irruenza nel portare avanti la causa della Brexit, quasi come un secondo Farage; e il troppo accodamento alle politiche degli USA. Il cui appoggio, sul piano commerciale e geopolitico, con la Brexit ormai alle porte, è peraltro indispensabile al governo britannico, chiunque continui a guidarlo.

Fabrizio Federici per Agenzia Stampa Italia

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