Cina. Dopo il 19° Congresso del PCC, la Nuova Era comincia all'insegna della continuità

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(ASI) Con la conclusione del 19° Congresso del Partito Comunista Cinese ha preso forma anche il nuovo Comitato Permanente dell'Ufficio Politico del Comitato Centrale, ossia il livello più elevato nel quadro del Politburo cinese. Dei sette membri di questo più ristretto consesso, soltanto Xi Jinping e Li Keqiang, rispettivamente presidente e primo ministro della Repubblica Popolare Cinese, sono stati riconfermati.
Gli altri cinque, come da prassi consolidata, sono stati sostituiti per sopraggiunti limiti d'età (67 anni). I nuovi eletti sono: Li Zhanshu, classe 1950, direttore dell'Ufficio Generale del Comitato Centrale; Wang Yang, classe 1955, vice primo ministro della Repubblica Popolare Cinese; Wang Huning, direttore dell'Ufficio Centrale per la Ricerca Politica ed ora anche primo segretario presso la Segreteria Centrale del Partito Comunista Cinese; Zhao Leji, classe 1957, nominato anche segretario presso la Commissione Centrale per il Controllo Disciplinare; e Han Zheng, classe 1954, già sindaco di Shanghai e segretario del Partito Comunista per la stessa municipalità.
I nomi degli eletti, la loro provenienza e i loro percorsi politici hanno messo in evidenza la volontà dei delegati di scegliere una squadra ben assortita, capace di rappresentare grossomodo tutte le tendenze e le istanze che coesistono all'interno dell'articolata e complessa macchina politico-amministrativa del Paese asiatico, spesso poco conosciuta all'estero nei suoi effettivi meccanismi di funzionamento e nei suoi equilibri interni.
Smentendo quei media occidentali che avevano prefigurato particolari ed inedite assunzioni di potere da parte di Xi Jinping, spesso impropriamente descritto nei termini di un detentore di potere assoluto piuttosto che di un capo di Stato, il 19° Congresso si è svolto in un generale clima di grande attesa che ha avuto grande risonanza anche fuori dalla Cina. Forse per la prima volta, l'opinione pubblica internazionale, al di là dell'inevitabile 'narrazione' sui personaggi più in vista e malgrado i titoli ad effetto di alcune testate estere, ha saputo concentrarsi anche e soprattutto sui contenuti politici del dibattito, cercando di trarre spunti di rilievo per capire quale direzione prenderà il Paese nei prossimi anni.
 
La presidenza forte di Xi Jinping
Il dato politico più rilevante di questo Congresso è stato senz'altro l'inserimento del nome del presidente all'interno della Costituzione del Partito Comunista Cinese, una sorte fin'ora toccata soltanto a Mao Zedong e Deng Xiaoping, cioè i due più grandi leader della Cina moderna assieme a Sun Yat-sen. Tuttavia, la menzione della persona non è un atto fine a sé stesso, meramente indirizzato a celebrare un leader, ma avviene in riferimento ad una teoria politica che ha effettivamente contribuito al percorso generale di crescita culturale e materiale del Partito e del Paese in prospettiva futura.
Il Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era entra così ufficialmente a far parte del paradigma ideologico del più grande partito di governo al mondo, con i suoi quasi 90 milioni di iscritti, affiancandosi al Marxismo-Leninismo, al Pensiero di Mao Zedong, alla Teoria di Deng Xiaoping, alla Teoria della Triplice Rappresentanza e alla Visione Scientifica dello Sviluppo. Questi ultimi due riferimenti furono rispettivamente inglobati nello statuto ufficiale durante le esperienze politiche di Jiang Zemin (2002) e di Hu Jintao (2007), ma all'epoca si scelse di non citare esplicitamente i nomi dei due ex capi di Stato al fianco della teoria politica che avevano costruito ed alimentato nel corso dei loro mandati presidenziali.
Segno evidente che, nei suoi primi cinque anni di leadership, Xi Jinping ha tracciato un solco perfino più profondo dei suoi ultimi due predecessori, guidando il Paese in una congiuntura che - con la crisi ucraina cominciata alla fine del 2013, il rallentamento globale 2014-2015, la volatilità finanziaria internazionale nel 2015, la Brexit e la vittoria di Donald Trump nel corso del 2016 - ha imposto la Cina come un faro di fermezza ed equilibrio nel quadro di un contesto geopolitico denso di timori, instabilità ed incertezza.
Premesso che anche il gigante asiatico si è chiaramente trovato ad affrontare a sua volta problemi di ampia portata e che è stato inevitabilmente intaccato da quei fattori endogeni globali di cui sopra, Pechino ha dato sicuramente grande prova di resilienza trasformando una fase in apparenza molto critica, come quella contrassegnata da alcune chiusure di borsa fortemente negative nel corso del 2015, in una base politico-economica favorevole al definitivo lancio della riforma strutturale dell'offerta, ovvero un insieme di provvedimenti e misure di defiscalizzazione e semplificazione che intende guidare la Cina nella 'nuova era' dell'innovazione, della digitalizzazione, dei trasporti ad alta velocità, della logistica avanzata, della sostenibilità e dei nuovi consumi intelligenti.
In fin dei conti, il Congresso, oltre ad aver riconfigurato la nuova architettura dei vertici del Partito Comunista Cinese, non ha fatto altro che confermare alcune fondamentali indicazioni generali di governo sullo sfondo dei Due Centenari già stabiliti in agenda: il 2021, centenario della fondazione del Partito stesso, e il 2049, centenario della fondazione della Repubblica Popolare, ossia i due grandi traguardi storici entro i quali il Paese dovrà raggiungere alcuni grandi obiettivi di crescita, benessere, armonizzazione e democratizzazione.
 
La 'Diplomazia della Seta' procede senza sosta
Sul piano internazionale, a pochissimi giorni di distanza dalla fine del Congresso, la diplomazia cinese ha continuato a tessere la tela del suo più importante progetto strategico di portata globale, destinato probabilmente a diventare il più importante in assoluto del secolo. L'iniziativa Belt and Road, confermata nella sua importanza dagli incontri bilaterali di questi giorni, resta indubbiamente la stella polare della politica estera cinese.
In attesa di conoscere i temi salienti del 22° Vertice Ufficiale tra i Primi Ministri di Cina e Russia, che vedrà Dmitrij Medvedev impegnato a Pechino in questi giorni, l'intesa con Mosca è in continua ascesa, poggiando su una serie di consolidati accordi di natura economica, commerciale, tecnologica, militare, scientifica e culturale che, stante la crisi dei rapporti con l'Unione Europea, hanno nettamente spostato l'asse della politica estera del Cremlino verso l'Asia.
L'incontro di lunedì scorso tra Xi Jinping, in veste di segretario del Comitato Centrale del PCC, e Hoang Binh Quan, inviato speciale di Nguyen Phu Trong, segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista del Vietnam, ha invece contribuito ad estendere il dialogo tra le due forze di governo di Pechino e Hanoi che, superate le tensioni per le dispute territoriali riemerse qualche anno fa, sembrano poter tornare pienamente a ragionare nei termini della cooperazione e del buon vicinato già sanciti dall'Accordo delle Sedici Parole d'Oro nel 1999. Allo stesso modo, l'ultimo vertice pechinese tra il ministro degli Esteri Wang Yi ed il suo omologo cingalese Tilak Marapana ha rafforzato i tradizionali legami fra la Cina e lo Sri Lanka, a sessantadue anni dal celebre Patto Gomma-Riso del 1952. Altri tempi, altre necessità industriali ed altri consumi ma stessa volontà di cooperazione.
È poi notizia recentissima anche la partenza di un nuovo convoglio ferroviario verso l'Europa. Dopo le tratte aperte negli ultimi anni per Duisburg, Rotterdam, Madrid e Londra, un altro treno merci è partito stavolta da Ürümqi, capoluogo della regione autonoma dello Xinjiang, per raggiungere la città ucraina di Poltava in appena 15 giorni. Alla fine di quest'anno, secondo le stime del governo cinese, saranno ben 700 i treni verso l'Europa partiti dal solo Xinjiang.
 
 
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

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