Cina. Il 19° Congresso del PCC conferma i traguardi storici ma il socialismo con caratteristiche cinesi entra "in una nuova era"

180373d28c101b507ec50a(ASI) Mercoledì scorso è cominciato a Pechino il 19° Congresso del Partito Comunista Cinese, l'appuntamento politico più importante del Paese, che si ripete ormai ogni cinque anni.                                                                                                                       

L'atteso discorso inaugurale del presidente cinese Xi Jinping, giunto quasi a metà del suo mandato presidenziale, cominciato nel marzo 2013, ha evidenziato le conquiste sociali, economiche e politiche nel corso degli ultimi cinque anni e l'indirizzo di governo del prossimo lustro. I 2.287 delegati, giunti nella capitale da tutte le municipalità, le province e le regioni autonome della Cina, non sono stati tuttavia i soli ad aver ascoltato con grande attenzione le parole del presidente.

Questo Congresso cade, infatti, nella fase cruciale di uno dei più ambiziosi percorsi di cambiamento avviati dal Paese asiatico, trainato dalla riforma strutturale dell'offerta che ha già fatto sentire i suoi effetti sia in patria che all'estero. L'alleggerimento fiscale e lo snellimento burocratico hanno agevolato la nascita di moltissime nuove imprese (oltre 13,6 milioni nel solo triennio 2014-2016), assecondando la volontà del governo di promuovere e favorire un'imprenditorialità di massa, sempre più in grado di guardare anche al di fuori dei confini nazionali.
 
La nuova Cina a misura di secolo
La spinta all'innovazione e alla digitalizzazione, contenuta nel programma Made in China 2025, ha poi dato forma e contenuto ad un cambiamento di prospettiva importante per il sistema-Paese. Al passaggio da un modello di crescita trainato dall'export manifatturiero ad uno trainato dai consumi e dagli investimenti corrisponde, in termini industriali, il passaggio da uno schema produttivo fondato sul primato della quantità ad uno caratterizzato primariamente dalla qualità.
Dopo aver lanciato la prima vera e propria fase di internazionalizzazione nel 1999, con la cosiddetta politica del Go Global (zouchuqu), le aziende cinesi hanno ormai acquisito il know-how e le competenze necessarie ad avanzare lungo le catene globali del valore in molti settori-chiave della nuova economia, come dimostrato anche dal successo riscosso a livello globale da marchi del calibro di Alibaba, Lenovo, Huawei o Hisense. Il recente giro di vite deciso dal governo rispetto agli investimenti nei settori ritenuti non-strategici, quali lo sport e l'intrattenimento, ha esattamente lo scopo di concentrare le risorse su progetti connessi all'alta tecnologia e alle infrastrutture, supportati, per altro, anche da nuove realtà finanziarie, come la Banca Asiatica per gli Investimenti Infrastrutturali (AIIB) ed il Fondo Silkroad, direttamente legato all'iniziativa Belt and Road per la ricostruzione in chiave moderna delle direttrici terrestri e marittime che secoli fa componevano il reticolato della Via della Seta.
Il settore dei servizi, che nel primo semestre di quest'anno ha contribuito al 54,1% del PIL, tra il 2013 ed il 2016 è cresciuto ad un ritmo medio pari all'8%, persino più elevato rispetto all'economia in generale (+7,2%). Questo dato mostra chiaramente i profondi cambiamenti in corso nella società cinese, dovendo venire incontro ad una domanda fatta di nuove esigenze e nuove necessità sia per le imprese che per i cittadini.
 
2021 e 2049: i traguardi storici di Pechino
Un antico adagio cinese recita: «L'uomo che sposta le montagne comincia portando via i sassi più piccoli». In questo passo, oltre al senso di praticità, emerge la forte visione gradualista ed intergenerazionale presente nel pensiero tradizionale del Paese asiatico, in base alla quale ogni sacrificio ed ogni sforzo vengono compiuti da una generazione, nel proprio tempo, con la pazienza necessaria e la lungimiranza di consegnare alla generazione successiva le basi per la costruzione di un futuro sempre migliore.
Nella strategia nazionale di governo sono stati da tempo fissati due traguardi, indicati come i termini entro i quali realizzare i grandi obiettivi di crescita e armonizzazione del sistema-Paese: il 2021, che segnerà il centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese, ed il 2049, che segnerà il centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Il primo riguarda la piena realizzazione di una «società moderatamente prospera», legata al concetto confuciano di Xiaokang, recuperato da Deng Xiaoping negli anni Ottanta ed inserito all'interno della Costituzione del Partito Comunista Cinese. Il secondo richiama invece la definitiva trasformazione della Cina in un «grande e moderno Paese socialista che sia prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e meraviglioso».
Rispetto a quella militare del 1934-'35, tuttavia, la "Lunga Marcia" di oggi vede una Cina profondamente proiettata verso un ruolo sempre più solido di leadership globale, non banalmente sostituendosi alla superpotenza statunitense ma contribuendo a modificare strutturalmente l'architettura politica, economica e finanziaria mondiale in senso multipolare e partecipativo. Attualizzando lo spirito della Conferenza di Bandung del 1955, dunque, Pechino porta nella nuova era i principali pilastri diplomatici dei cinque principi della coesistenza pacifica. Non a caso, negli ultimi due anni, Xi Jinping ha richiamato molte volte il governo ed il partito a farsi carico delle nuove responsabilità di cui il Paese sarà presto investito nel nuovo contesto internazionale.
Il discorso tenuto all'ultimo Forum Economico Mondiale di Davos, all'inizio di quest'anno, ha sensibilmente contribuito a modificare la percezione di larga parte dell'opinione pubblica occidentale, abituata fino ad allora a pensare alla Cina perlopiù come ad un Paese chiuso o addirittura minaccioso. L'elezione di Donald Trump e le spinte protezioniste paventate da più parti tra le due sponde dell'Atlantico settentrionale hanno di fatto polarizzato il confronto politico in Europa e negli Stati Uniti, bloccando il dibattito in una dimensione caratterizzata da un vuoto di pensiero strategico sempre più evidente, anche in specifici dossier di politica internazionale come quello iraniano o quello coreano. Di contro, Xi Jinping viene progressivamente percepito come un leader pratico, capace di portare avanti il dialogo ricorrendo a criteri di prudenza, saggezza e realismo. È avvenuto in Medio Oriente, è avvenuto durante l'ultima crisi coreana, è avvenuto in relazione a dossier di grande risalto come quelli relativi al commercio mondiale, ai cambiamenti climatici e al nucleare iraniano.
 
Il socialismo cinese nella nuova era
Dopo il discorso inaugurale di mercoledì scorso, il Pensiero sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi nella Nuova Era è diventato il sesto pilastro del paradigma ideologico del Partito, che va così ad aggiungersi al Marxismo-Leninismo, al Pensiero di Mao Zedong, alla Teoria di Deng Xiaoping, alla Teoria della Triplice Rappresentanza (eredità della presidenza Jiang Zemin) e alla Visione Scientifica dello Sviluppo (eredità della presidenza Hu Jintao).
In base a questa integrazione, il percorso di sviluppo compreso tra il 2020 e il 2050, suddiviso in due fasi (2020-2035 e 2035-2050), dovrà venire incontro ai rinnovati bisogni materiali e culturali della popolazione cinese e alle nuove esigenze per quanto riguarda la democrazia, lo Stato di diritto, l'equità, la giustizia, la sicurezza e l'ambiente. Si tratta, in sostanza, di risolvere la nuova contraddizione principale individuata dal presidente cinese all'interno della società secondo un metodo analitico tipico del pensiero marxista, particolarmente ricorrente in quello cinese. «Ciò che noi affrontiamo oggi è la contraddizione tra uno sviluppo sbilanciato ed inadeguato e la crescente richiesta di una migliore qualità della vita da parte della popolazione», ha detto Xi, che ha ribadito, in quest'ottica, anche la necessità di procedere con decisione nella lotta alla corruzione, definita «la più grande minaccia per il Partito».
Per quanto riguarda l'economia, Xi Jinping ha sottolineato che la Cina «si aprirà sempre di più» e faciliterà ulteriormente l'accesso al mercato interno per gli investitori esteri, proteggendone diritti ed interessi legittimi. Le aziende cinesi, al contempo, dovranno diventare in grado di competere a livello globale. Per quanto riguarda la crescita, a trainarla saranno sempre di più i consumi, mentre la politica monetaria vedrà i tassi di interesse e di cambio ulteriormente liberalizzati.
Nei confronti del resto del mondo, Xi ha confermato l'assoluta estraneità del Paese a qualsiasi tentativo egemonico o espansionista, rassicurando così tra le righe non solo i partner del Sud-est asiatico, messi più volte infondatamente in allarme dall'amministrazione americana, specie durante il secondo mandato di Barack Obama, ma pure la stessa Europa, ancora in parte diffidente rispetto agli investimenti promossi nel Vecchio Continente in relazione all'iniziativa Belt and Road.
L'armonizzazione non riguarderà soltanto i rapporti tra la Cina ed il resto del mondo, ma anche quelli tra uomo e natura, secondo il concetto di "Cina meravigliosa", inserito nello Statuto del Partito. Stando a quanto riferito dal presidente cinese, nuove agenzie di regolamentazione gestiranno il patrimonio naturalistico statale e preserveranno gli ecosistemi attraverso una più efficace gestione delle riserve e dei parchi nazionali, tra i principali gioielli turistici del Paese, che detiene ben 52 siti riconosciuti patrimonio UNESCO.
 
 
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia
 
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