Cina. Sicurezza e antiterrorismo: Xi Jinping ad Astana con Putin per il vertice SCO
Andrea Fais
593a49c5c461881f198b4604(ASI) Nel giugno del 2001, Cina e Russia diedero vita, assieme a Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan, all'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). L'organismo multilaterale nacque sulla base del Gruppo di Shanghai, creato nel 1996 allo scopo di rafforzare ed estendere la collaborazione in materia di antiterrorismo e sicurezza. 
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Pochi mesi prima del vertice fondativo avevano fatto il giro del mondo le immagini delle statue buddhiste di Bamiyan in Afghanistan, distrutte dai mitra talebani, mentre pochi mesi più tardi lo stesso regime di Kabul avrebbe dichiarato guerra, per mano di al-Qaeda, agli Stati Uniti con l'attacco multiplo dell'Undici Settembre.
In realtà, il pericolo-terrorismo nella regione era tornato prepotentemente d'attualità già all'indomani del crollo dell'URSS, quando le ex repubbliche sovietiche dell'Asia Centrale e del Caucaso si ritrovarono a dover gestire una giovanissima indipendenza su un cammino irto di ostacoli e problemi. A distanza di anni, i confini e le rotte tra alcuni di questi Paesi e l'Afghanistan sono ancora oggi teatri di instabilità che, con l'emersione dell'ISIS, sono tornati a produrre tensioni e crisi.
L'estremismo e il terrorismo hanno inoltre esteso la loro trama criminale anche ad alcune aree dei territori delle due potenze che guidano la SCO, concentrandosi in particolare nella Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang in Cina e nelle repubbliche autonome della Cecenia, del Daghestan e dell'Inguscezia in Russia, dove risiedono popolazioni autoctone di fede islamica. Gli attentati che nel corso degli ultimi anni hanno colpito a più riprese i due Stati-guida dell'organizzazione hanno innalzato il livello di allarme, portando Mosca e Pechino ad assumere un ruolo sempre più incisivo nella lotta al terrorismo internazionale. Oltre a Volgograd, colpita per due volte nel 2013, e a San Pietroburgo, colpita lo scorso aprile, tra il 2012 e il 2014 il radicalismo armato ha attaccato Ürümqi, capoluogo dello Xinjiang, Kunming e la stessa Pechino, nella sua centralissima Piazza Tienanmen.
 
Spengere gli incendi in Medio Oriente
La visita in corso ad Astana del presidente Xi Jinping riveste così un'importanza globale perché avviene non solo durante le cerimonie inaugurali di Expo 2017, dedicata alle fonti di energia del futuro, ma anche in una fase di massima tensione in Medio Oriente.
Dopo gli attentati della scorsa settimana a Manchester e Londra, l'ISIS ha aggiunto al suo elenco degli orrori anche la recentissima irruzione armata all'interno della sede del Parlamento Iraniano a Tehran. Il nuovo scontro tra Arabia Saudita, Iran e Qatar assume dunque le caratteristiche di un gioco a tre molto pericoloso, dove gli Stati Uniti di Donald Trump, segnando un punto di rottura rispetto alla precedente amministrazione, sembrano voler incunearsi nelle fratture esistenti tra i Paesi arabi del Golfo per cercare di riallinearli e compattarli contro l'Iran e l'asse sciita che Tehran ha costruito con Siria, Iraq e Hezbollah libanesi.
Le diplomazie di Riyadh e Doha erano già entrate in conflitto fra loro nel 2013 a seguito dell'escalation in Egitto. Il Qatar, vicino alla Fratellanza Musulmana, sosteneva in quel caso il presidente Mohammed Morsi, eletto nel dopo-Mubarak, mentre l'Arabia Saudita favoriva l'insurrezione dei militari, guidati dal generale al-Sisi. L'accusa di collusione col terrorismo, scagliata dai reali sauditi negli ultimi giorni, lascia evidentemente il tempo che trova dal momento che entrambe queste monarchie di tradizione wahhabita sono da molto tempo connesse a vario titolo con le reti - o parti di esse - dell'estremismo islamico di orientamento sunnita, e non certo sciita, come afferma invece Riyadh. Eppure, questo nuovo scontro rischia di scatenare un crescendo di tensione molto pericoloso, senza dimenticare la guerra in atto da circa due anni nello Yemen, dove la coalizione militare del Golfo sta colpendo i territori controllati dagli Huthi, le forze ribelli sciite vicine all'Iran.
Nel corso degli anni, la Cina, col suo classico approccio internazionale basato sull'equidistanza verso gli interlocutori, ha sempre privilegiato la cooperazione economica dal mutuo vantaggio per contribuire a risolvere o ad appianare i conflitti all'estero, senza interferire negli affari interni degli altri Stati, memore anche degli errori o degli eccessi dell'epoca della rivoluzione culturale (1966-1976), quando l'intransigenza dottrinaria ed il furore ideologico portarono la leadership cinese a sostenere decine di movimenti e fazioni in tutto il mondo, sia in funzione antiamericana che in funzione antisovietica.
A partire dalla normalizzazione delle relazioni internazionali avviata da Deng Xiaoping, parallelamente al processo di riforma e apertura economica, la Cina ha dunque abbandonato qualsiasi impegno politico rivolto all'estero, per concentrarsi quasi esclusivamente sul suo sviluppo interno. Questo cambiamento di prospettiva, tuttavia, non ha mai troncato il filo di continuità con quell'idea di cooperazione Sud-Sud, battezzata dai Paesi non allineati a Bandung nel 1955 e a lungo castrata dai rigidi equilibri della Guerra Fredda.
Gli investimenti cinesi nel Sud-est asiatico, in Medio Oriente, Asia Centrale ed Africa rafforzano questa sensibilità in una nuova veste, che dovrà consolidarsi alla luce del più vasto progetto legato all'iniziativa Belt and Road, finalizzata alla ricostruzione in chiave moderna delle antiche direttrici terrestri e marittime della Via della Seta.
 
Il ruolo di Pechino nella stabilizzazione globale
La stabilità e lo sviluppo sono i principali antidoti ai «tre mali» dell'estremismo, del separatismo e del terrorismo. Dal 2001, la SCO si è progressivamente allargata, estendendo il partenariato a nuovi Paesi dell'Asia e dell'Europa Orientale, che hanno individuato nell'organizzazione un centro di coordinamento importante tra le intelligence e le forze armate dei Paesi coinvolti. Ogni anno sono previste le Peace Mission, esercitazioni congiunte tra contingenti degli Stati membri per integrare e condividere le rispettive capacità in materia di difesa, protezione civile e antiterrorismo, simulando ciò che potrebbe realmente avvenire in caso di operazioni di polizia militare transfrontaliere.
La lunga tela diplomatica intessuta dalla Cina nel quadro della SCO è riuscita a coinvolgere attori come Iran, India e Pakistan, resisi protagonisti in passato - ed in parte tutt'ora - di relazioni diplomatiche non certo idilliache. Dopo una lunga trafila come membri osservatori, proprio l'India e il Pakistan, in virtù della ratifica del memorandum d'intesa in Uzbekistan lo scorso anno, stanno ormai completando i rispettivi percorsi di integrazione, come evidenziato dal premier indiano Narendra Modi e dall'omologo pakistano Nawaz Sharif durante l'incontro di Astana.
Restano ancora membri osservatori Iran, Bielorussia, Afghanistan e Mongolia, a cui si aggiungono Armenia, Azerbaigian, Cambogia, Nepal, Sri Lanka e Turchia in qualità di partner per il dialogo, e le rappresentanze dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e del Turkmenistan (quinto ed ultimo attore centrasiatico, tendenzialmente più isolato rispetto ai vicini), andando così sostanzialmente a completare il mosaico del continente asiatico.
Il vertice di Astana ha messo in chiaro le procedure applicative della Strategia di Sviluppo al 2025 della SCO, sottolineando «l'importanza dell'ulteriore rafforzamento dell'Organizzazione quale piattaforma regionale a tutti gli effetti, efficace e finalizzata a partecipare attivamente alla costruzione di un modello di ordine internazionale più equo e policentrico, che risponda agli interessi di ogni singolo Paese, attraverso la promozione del processo di democratizzazione delle relazioni internazionali, la costruzione di un'efficace architettura di sicurezza e cooperazione a livello regionale e globale, e la creazione di una comunità umana legata da un destino condiviso».
Consolidando il Trattato a Lungo Termine di Buon Vicinato, Amicizia e Cooperazione tra gli Stati membri, i sei Paesi fondatori hanno ribadito le linee-guida che a breve anche India e Pakistan dovranno seguire, nel quadro di un rafforzamento «della comprensione reciproca, del rispetto e della fruttuosa cooperazione in ambiti di interesse condivisi».
I sei capi di Stato e gli altri leader presenti hanno parlato a lungo dei principali archi di crisi internazionali, dalla Siria all'Ucraina, dal Golfo Persico all'Afghanistan, riaffermando che «non c'è alternativa alla risoluzione politica e diplomatica dei conflitti nelle diverse aree del pianeta, sulla base della stretta adesione alle norme e ai principi universalmente riconosciuti del diritto internazionale». Per quanto riguarda il terrorismo, invece, è stata siglata una Convenzione sul Contrasto all'Estremismo che dovrà contribuire «al rafforzamento del quadro legale internazionale» per rispondere adeguatamente alle nuove sfide e minacce, in concerto con la Convenzione di Shanghai sul Contrasto al Terrorismo, al Separatismo e all'Estremismo, con la Convenzione SCO contro il Terrorismo e con il Programma di Cooperazione degli Stati Membri SCO nel Contrasto al Terrorismo, al Separatismo e all'Estremismo.
Grande risalto è stato infine conferito dai sei capi di Stato all'iniziativa cinese Belt and Road, soprattutto alla luce del forum ad essa dedicato, andato in archivio a Pechino lo scorso 15 maggio. Secondo quanto aveva affermato in quell'occasione il presidente cinese Xi Jinping, l'iniziativa è già in grado di integrarsi con i progetti infrastrutturali locali o regionali sviluppati dai singoli Paesi nell'area intercontinentale direttamente coinvolta, che ingloba Asia, Europa ed Africa Orientale. Un esempio concreto di come lo sviluppo industriale, tecnologico ed infrastrutturale possa influire sulla sicurezza e sulla stabilità tanto quanto la politica, contribuendo ad eliminare quelle condizioni di arretratezza e degrado attorno cui il terrorismo e l'estremismo possono più facilmente fare proseliti.
 
 
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia
 
 
 
 
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