Cina. Dall'1+6, consapevolezza dei problemi globali, soluzioni e un po' di ottimismo

forum16(ASI) Con due giorni di anticipo rispetto al G20 finanziario, in corso di svolgimento tra ieri e oggi a Chengdu, capoluogo della provincia cinese del Sichuan, la tavola rotonda 1+6 di Pechino ha già delineato certezze, preoccupazioni, problemi e possibili soluzioni alle grandi questioni economiche globali.                                                                                                                              Presieduto dal primo ministro cinese Li Keqiang, l'incontro ha messo a confronto il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, il direttore generale del FMI Christine Lagarde, il direttore generale del WTO Roberto Azevedo, il direttore generale dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) Guy Ryder, il segretario generale dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD) Angel Gurria e il presidente del Financial Stability Board (FSB) Mark Carney.

Concepito come una sorta di dibattito preliminare in vista del G20 generale di Hangzhou, previsto per la prima settimana di settembre, il vertice 1+6 ha raccolto e incrociato i pareri dei massimi rappresentanti della seconda economia mondiale e delle prime sei istituzioni economiche e finanziarie internazionali. Il dibattito ha approfondito in modo particolare la situazione globale e le nuove forze motrici dello sviluppo cinese, ribadendo così la stretta connessione tra i due temi e l'importanza del gigante asiatico nel quadro degli equilibri economici e finanziari mondiali. Come emerso dal 13° Piano Quinquennale di Sviluppo Socio-Economico, recentemente pubblicato dal governo, la riforma che la Cina sta affrontando trasformerà il sistema-Paese in un modello più energicamente caratterizzato da servizi, innovazione e manifattura ad alto valore aggiunto, secondo il paradigma della "nuova normalità", declinato nelle cinque direttrici dell'innovazione, della coordinazione, del verde, dell'apertura e della condivisione.

Come riportato da Xinhua, Li Keqiang ha osservato che «malgrado i crescenti fattori di instabilità e incertezza dell'economia globale, il mercato mondiale ha il potenziale per crescere e l'umanità ha le conoscenze per superare le difficoltà». Attraverso la comprensione reciproca tra tutte le parti ed un maggiore accento posto sullo sviluppo economico e sul miglioramento delle condizioni di vita dei popoli, sarà dunque possibile, secondo il premier cinese, raggiungere «l'obiettivo di una crescita sostenibile ed equilibrata». Nello specifico, la prima ricetta generale proposta da Pechino prevede «un approccio olistico per affrontare sia i sintomi che le loro origini e per soppesare i problemi di breve termine e quelli di medio-lungo termine», passando attraverso l'espansione della domanda effettiva, la semplificazione, il sostegno all'innovazione, l'aumento dell'occupazione, la promozione di uno sviluppo inclusivo, la flessibilità delle politiche fiscali e il ricorso alla politica monetaria come supporto alla crescita dell'economia reale.

Da parte degli ospiti c'è stata piena comunanza di vedute in merito all'idea che questo vertice sia giunto «nel momento più opportuno», permettendo così agli interlocutori di confrontarsi seriamente sulle sfide globali e di abbozzare le prime risposte concrete per favorire la ripresa mondiale. Solo tre mesi fa, il FMI aveva rivisto al rialzo le stime di crescita della Cina al 6,5% nel 2016, contro il 6,3% delle stime precedenti. Poco prima del vertice 1+6, l'istituto guidato dalla Lagarde è tornato a rivedere al rialzo le stime cinesi al 6,6%, evidenziando non solo la sostanziale tenuta dell'economia della potenza asiatica ma anche la fiducia che la comunità internazionale ripone su di essa, nella speranza che, come avvenuto dopo la crisi del 2008, la Cina possa ancora affermarsi quale leader della ripresa globale e protagonista principale nel percorso verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, redatta dall'ONU.

Gli otto punti di intesa

Sul piano macro-economico, l'1+6 ha convenuto che la domanda effettiva resterà ancora debole nel breve termine rendendo necessario un pacchetto di politiche finalizzate a raggiungere un buon equilibrio tra obiettivi di breve e lungo periodo ricorrendo a tutti gli strumenti possibili: monetari, fiscali e strutturali. I primi dovrebbero «continuare a sostenere l'attività economica e a garantire la stabilità dei prezzi». Le politiche fiscali dovrebbero essere flessibili per promuovere la crescita, la creazione di posti di lavoro e la fiducia. Le riforme strutturali dovrebbero, invece, adattarsi ai bisogni di ogni singolo paese.

In merito proprio a queste ultime, l'1+6 ne riconosce l'importanza nel quadro del processo di superamento del rallentamento nella crescita della produttività globale e nella promozione di una ripresa stabile, durevole ed inclusiva. Le direttrici delle riforme strutturali più urgenti, se divergono da paese a paese nei contenuti specifici, seguono comunque traiettorie generali comuni quali «la semplificazione, il rafforzamento della competizione, l'incentivo all'innovazione, la riforma fiscale, la promozione del commercio e degli investimenti, il consolidamento del sistema finanziario, l'avanzamento nella riforma del mercato del lavoro, il miglioramento delle infrastrutture, il potenziamento della sostenibilità ambientale ed il sostegno ad uno sviluppo inclusivo».

Il capitolo dell'innovazione richiede grandi sforzi nella direzione del supporto alla nuova rivoluzione industriale e all'economia digitale. A tal proposito, l'1+6 ha fatto propri gli auspici espressi all'interno della Carta Blu del G20 sullo Sviluppo Innovativo, introdotta dalla presidenza cinese. Il percorso già indicato dalla leadership di Pechino nel programma Made in China 2025 coincide nella sostanza con tutti i principali investimenti compiuti a livello internazionale nei settori delle nuove tecnologie e nei nuovi strumenti che queste mettono a disposizione nel campo manifatturiero - tema da poco affrontato sempre in Cina, in occasione della Davos estiva di Tianjin.

Per quanto riguarda il commercio e gli investimenti, le parti hanno concordato che si tratta di strumenti essenziali per creare posti di lavori, sostenere la crescita e la prosperità. Hanno, tuttavia, richiamato i Paesi a costruire accordi commerciali regionali trasparenti, inclusivi e aperti alla partecipazione degli altri. Gli accordi regionali non dovrebbero, dunque, soltanto adempiere alle regole del WTO ma anche contribuire al rafforzamento dell'intero sistema del commercio mondiale. Il sistema commerciale multilaterale dovrebbe così mantenere il suo ruolo quale canale principale per la liberalizzazione e la facilitazione, proseguendo sul cammino dei «continui progressi» compiuti dal G20 in questi ambiti.

Il mercato del lavoro gioca un ruolo cruciale nel quadro del superamento della crisi globale, caratterizzata da deboli prospettive per l'occupazione e per i salari in numerosi Paesi. La crescita della diseguaglianza e il rischio di una battuta d'arresto nel percorso globale di riduzione della povertà «impongono, quali priorità, iniziative politiche finalizzate ad accrescere le opportunità di lavoro dignitose». I risultati positivi registrati a questo proposito in Cina negli ultimi anni - con costanti aumenti dei salari e numerosi interventi per il miglioramento degli standard nei luoghi di lavoro e la riduzione dell'impatto ambientale degli impianti industriali - consegnano un quadro confortante per l'economia asiatica ed un modello di aggiustamento generale che può fare da traino per molti Paesi in via di sviluppo.

Anche la riforma della regolamentazione finanziaria è una necessità impellente, malgrado la maggiore capacità di resilienza apportata dalle riforme sistemiche successive alla crisi del 2008. Esistono, infatti, ancora «rischi, che potrebbero essere amplificati dal rallentamento della crescita globale». La Cina si è impegnata a sostenere fermamente la stabilità finanziaria globale, appellandosi - assieme agli interlocutori - a compiere ogni possibile sforzo non solo in tal senso, ma anche per «aumentare l'efficacia delle strutture di coordinamento nel quadro della regolamentazione».

Lo sviluppo sostenibile, già citato dagli altri punti in elenco, richiama l'Agenda 2030 e rappresenta un obiettivo fondamentale per tutti i settori legati alla crescita, inquadrata come «base fondamentale per la fine della povertà e della miseria». L'aggiornamento e la trasformazione dei modelli di sviluppo saranno dunque fasi decisive non soltanto per il rispetto dell'ambiente ma anche per quanto riguarda l'incremento dell'investimento nell'educazione minorile, nella formazione, nella salute, nel miglioramento del clima per gli investimenti e nelle pari opportunità.

La governance economica globale, ancora non del tutto efficace e coordinata, è una componente fondamentale alla luce dello sviluppo dell'economia mondiale. La Cina, anche a detta delle istituzioni internazionali presenti, è un attore determinante negli equilibri della governance globale, che si è già dimostrata capace di assumersi responsabilità decisive, proporzionali al ruolo conquistato sul piano politico ed economico.

Pechino accetta responsabilità ma chiede considerazione

Come riportato da AgiChina24, proprio a quest'ultimo proposito, il primo ministro cinese ha voluto precisare che, malgrado le significative potenzialità del suo Paese, esso non può assumersi da solo le grandi responsabilità dell'economia mondiale, auspicando un maggior coordinamento a livello di governance globale. Insomma, pare conclusa l'era in cui una, o al massimo due superpotenze, sole al comando, accedevano alla stanza dei bottoni e determinavano la stabilità internazionale.

Il G20 di settembre dovrà presumibilmente mettere in luce i deficit di rappresentatività dell'Asia che, ad eccezione del ruolo geoeconomico tradizionalmente ricoperto dal Giappone, recrimina maggiore considerazione, a partire dal trasferimento verso i propri Paesi di alcune sedi istituzionali dell'economia e della finanzia mondiali, non ultimo il presidente kazako Nursultan Nazarbayev, che nel settembre dello scorso anno aveva chiesto lo spostamento delle principali sedi ONU in Asia.

Qualcosa di analogo, tra le righe, sembra aver voluto precisare Li Keqiang ai suoi ospiti, cioè che la Cina non può solamente assumersi oneri ed impegni nell'interesse generale ma, logicamente, pretende anche più considerazione e maggiori spazi decisionali nel quadro della governance globale, al di là del recente ingresso dello yuan nel paniere dei diritti speciali di prelievo del FMI, un fatto importantissimo ma ancora non sufficiente a rappresentare in maniera ponderata gli equilibri internazionali di fatto esistenti.

Uno scoglio ostico e piuttosto insidioso, in tal senso, è proprio costituito dalle incertezze mostrate dall'Unione Europea in merito al riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina che, dopo trentotto anni di riforme e faticosi ma incessanti adeguamenti agli standard internazionali - da ultimo proprio il discusso taglio dell'overcapacity nella siderurgia - chiede a Bruxelles di essere trattata così come tutti gli altri Paesi membri del WTO.

Andrea Fais Agenzia Stampa Italia

 
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