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Crisi e Confusione
(ASI) Più si parla di crisi e di soluzioni per uscirne e meno se ne comprende. Noto di continuo come i giornalisti ed i politici allo stesso modo, nello spiegare le possibili vie d’uscita dalla crisi facciano sempre più affidamento a parole inglesi delle quali credo, nemmeno loro sappiano il significato. Passiamone in rassegna alcune: Golden Rule, Project Bond, Fiscal Compact, e Credit Crunch. Queste 4 parole inglesi sono saltate fuori da un articolo del Sole 24 Ore di oggi, ma se si legge tutto il quotidiano, alla fine viene da chiedersi ma quanti Italiani davvero avranno capito il senso.

Monti propone una “Golden Rule” sulla quale l’Europa farebbe bene ad accelerare, e l’articolo va avanti evidenziando come sempre più il Credit Crunch sia lesivo per il sistema produttivo, ma cosa significa in termini pratici?

Credit Crunch, si riferisce ad una soluzione economica nella quale, il capitale per gli investimenti manca.

Fiscal Compact, è stato approvato dal Consiglio Europeo. Si tratta del patto sul rigore dei bilanci nazionali. L’obiettivo del patto è quello di rafforzare le regole di bilancio sul deficit e sul debito.

Project Bond, sono emissioni obbligazionarie finalizzate alla realizzazione di un progetto. La remunerazione ed il rimborso del titolo dipendono allora dai flussi finanziari che il piano di investimento è in grado di assicurare. Previsti dall’agenda di Europa 2020 fra le misure per la crescita, potrebbero trovare realizzazione operativa “sperimentale” nel biennio 2012-2013 sotto la supervisione della Bei, la Banca Europea degli Investimenti.

La Golden Rule, è la regola d’oro che dovrebbe permettere di non conteggiare gli investimenti pubblici «buoni» nel deficit.

La novità nel lessico della crisi è anche la “Golden Share”, ossia la riforma dei poteri speciali, riservati al governo e alle società private, mal vista dalle autorità di Bruxelles perché limita la libera circolazione di capitali.

Ma i tecnici del governo, non contenti parlano anche di “golden power”, e non più di “golden share”, ma sempre di poteri di intervento si tratta!.

Poi ci sono parole che ormai usiamo nel nostro parlare quotidiano come “spread”, che fino a qualche anno fa credo fosse un dato al quale in pochi davano grande importanza. Ma appena iniziamo a familiarizzare con questa parola ecco che arriva anche il “benchmark”, quindi lo spread è il differenziale tra rendimento pagato dai BTP decennali e i Bund tedeschi. Più lo spread sale, più significa che i BTP italiani e i Bonos devono offrire tassi d’interesse più elevati rispetto a quelli dei Bund per trovare qualcuno disposto a comprarli. Dato che lo spread è il differenziale di rendimento tra i due titoli, il dato cambia a seconda del titolo che viene preso come riferimento cioè come benchmark.

Grazie alla Grecia abbiamo imparato anche il termine “default” e lo usiamo come sinonimo di fallimento quando vogliamo mettere paura o far tremare un po’ i mercati finanziari. Aggiungete alle nuove paroline della crisi anche “swap” e basterebbe dire scambio, ma il primo è ben più figo, fatto sta che spesso sento anche il parrucchiere parlare di “spread” e mi chiedo ma che gli cambia a lui? E a noi ?

Il miasma che circonda il famoso articolo 18 ora parla finalmente di “dead line”, forse scadenza non suonava poi tanto convincente, adesso invece che è stata stabilita una “dead line” e la Camera cercherà di procedere a passo spedito per approvare definitivamente il Ddl entro giugno.

Se ci fosse la possibilità di ricevere qualche spiegazione più chiara da parte di chi governa invece di impartire lezioni e basta, forse sarebbe più utile a molti che vorrebbero capire meglio cosa realmente stia accadendo.

 

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