Federcontribuenti: "Europa dentro o fuori ma presto.  I tassi di interesse faranno scoppiare il debito pubblico italiano"

Imagen(ASI) Roma - Come dichiara in una nota la Federcontribuenti: "Dobbiamo fare presto e bene o l'Italia verrà schiacciata dal debito pubblico.

La scadenza è fissata al 31 ottobre 2019''. Per uscire dall'euro l'Italia deve pagare 358 miliardi di euro ma il prezzo potrebbe salire perchè fra pochi mesi la BCE alzerà i tassi di interesse aumentando il deficit di bilancio italiano. Non c'è solo la BCE, ''l'Italia ha un debito pubblico di 2.300 miliardi di euro sul groppone''. Intanto lo shadow banking – sistema bancario ombra – schizza a 45 mila miliardi segnando un bel +8%. ''Il paradiso fiscale esiste''.

Di Europa si deve parlare subito, ben prima di attuare qualunque promessa elettorale o rimpiangeremo cara questa distrazione. Il presidente della Federcontribuenti, Marco Paccagnella invita i nuovi eletti a ''non perdere tempo''.

Europa – dentro o fuori

Per uscire occorre pagare un riscatto pari a 358 miliardi come dichiarato dallo stesso Draghi qualche mese fa, cioè il debito che lo Stato italiano ha accumulato nei confronti della BCE, ''il debito pubblico italiano però non è fatto solo di somme prese dalla Banca Centrale Europa. Un 37% del debito pubblico italiano è nel portafoglio delle istituzioni finanziarie straniere, il restante dei creditori sono banche e assicurazioni italiane inclusa la Banca d’Italia e un 5% dei creditori sono le famiglie''. Dentro o fuori occorrerà non perdere di vista le conseguenze: ''Dall'Europa si deve uscire da liberi e non da schiavi, quindi si dovrebbe uscire senza avere più debiti ma è chiaro che questo è impossibile, dove prenderemmo i soldi? Allora non resta che occuparsi subito della cosa Europa a partire proprio dal ruolo della BCE il cui scopo principale è quello di mantenere sotto controllo l'andamento dei prezzi mantenendo il potere d'acquisto nell'area dell'euro e infine coinvolgere l'Europarlamento in una grande riforma fiscale che includa tutti i Paesi membri''.

L'Italia è sempre stata troppo distratta dal proprio orticello.

''L'Italia ha sempre chiuso i bilanci dello Stato con saldi primari negativi, mentre le altre grandi economie europee hanno sempre tentato di chiudere in positivo o al massimo in pareggio o nei casi più gravi poco sotto fino all'avvento della UE''.

Nell’estate del 1992, pochi mesi dopo la firma del trattato di Maastricht, il finanziere George Soros mette alla prova la tenuta dello Sme con un attacco speculativo e spinge la sterlina inglese e la lira quasi fuori dal sistema, costringendo la Banca d’Italia a una svalutazione brusca del 7%. Nel 1994 il debito pubblico raggiunge il 124% del Prodotto interno lordo.

Entrata in Europa l'Italia viene costretta ad una condotta “virtuosa” rispetto ai conti pubblici eppure la riduzione del passivo dello Stato è ferma. ''L'attuale peso degli interessi rispetto al Pil è al 4%''.

E la crescita?

Senza crescita l’Italia si trova così impantanata nella gigantesca palude di un debito pubblico improduttivo creato in un’altra epoca e con i tassi della BCE pronti a salire, ''senza un piano strategico da concretizzare subito e che punti su una politica economica interna e contemporaneamente europea il rischio di tornare al tempo del terrificante professore Monti è ben più che una minaccia''.

I maggiori clienti di tutte le banche del mondo chi sono?

''Le stesse Nazioni. Il miglior cliente per una banca è uno Stato che come un giocatore incallito gli ricorre per ogni prestito. Investimenti usati malissimo considerata la poca crescita occupazionale, le infrastrutture carenti o assenti, i tagli nel SSN, nelle scuole o la lentezza nella ricostruzione delle zone terremotate. Abbiamo bisogno di poche, chiare regole di mercato, più specificatamente la tradizionale attività di credito operata dalle banche va divisa da quella che viene invece svolta nel campo finanziario. Il tutto richiede competenza e correttezza da parte di ogni operatore del mercato, affinché i risparmiatori recuperino la fiducia. Non vi è mercato che possa funzionare senza regole, né vi può essere prudente gestione senza correttezza; quest’ultima si sostanzia non solo nel rispetto scrupoloso della legge e delle regole di vigilanza, ma anche nell’aderenza piena all’etica degli affari.

 
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