Welfare aziendale e legge di stabilità 2016: un percorso responsabile

Welfare aziendale(ASI) Con welfare aziendale si intende quell’insieme di azioni finalizzate al miglioramento dei risultati dell’impresa ottenuti attraverso un’articolata gamma di strumenti finalizzati al miglioramento del clima interno, del benessere organizzativo e del singolo lavoratore.


Il welfare aziendale nasce dall’esigenza di integrare il welfare di primo livello, oggi profondamente in crisi e non capace di rispettare gli standard quantitativi e qualitativi desiderati, con iniziative volontarie da parte di enti, organizzazioni e imprese.
Per welfare aziendale dunque, si intende genericamente il sistema di prestazioni non monetarie finalizzate a incrementare il benessere individuale e familiare dei lavoratori dipendenti sotto il profilo economico e sociale.
Inquadrato in un’efficiente politica di gestione delle risorse umane, il welfare aziendale prevede l’utilizzo di strumenti di remunerazione alternativi a quelli più tradizionali riducendo il divario tra costo aziendale e il reale potere d’acquisto trasferito al dipendente.
Rientrano in questa definizione sia i benefit, che rappresentano risorse destinate dal datore di lavoro a soddisfare bisogni previdenziali e assistenziali dei dipendenti (ad esempio il contributo a piano di assistenza sanitaria), sia i beni o servizi messi a disposizione dei dipendenti stessi (es. auto aziendale). Sotto la spinta di una crescente domanda di servizi da parte dei lavoratori e alla luce delle significative agevolazioni fiscali riconosciute dalla normativa vigente, un numero crescente di imprese sta arricchendo il sistema di welfare aziendale a disposizione dei propri dipendenti, adottando sempre di più una politica di total reward, nell’ambito della quale strumenti di tipo monetario (salario e retribuzione variabile) sono affiancati da strumenti non monetari (benefit e perquisite) per perseguire obiettivi di ottimizzazione fiscale e contributiva, di fidelizzazione, motivazione e attrazione delle risorse umane e di costruzione di una solida e duratura corporate identity. In quest’ottica il total reward si configura come il corrispettivo per una serie di aspettative che le persone riversano nel rapporto di lavoro e che vanno oltre la semplice componente monetaria.
Risulta evidente che in un Paese come l’Italia in cui la popolazione invecchia, la crescita è in stagnazione e il debito pubblico è molto alto la quantità e la qualità del welfare subisce un forte ridimensionamento.
Dalla situazione economica che stiamo vivendo derivano le recenti riforme che hanno inciso in maniera strutturale minando il sistema di welfare di primo livello (pensioni, sanità, cassa integrazione, detrazioni, investimenti, ecc).
Ulteriore elemento di cambiamento riguarda il nucleo familiare, a volte composto da un solo genitore e da un figlio o in cui lavorano entrambi i coniugi. Il progressivo invecchiamento della popolazione con la necessità di assistere i genitori anziani, il maggior coinvolgimento degli uomini alla vita familiare e l’allungamento della permanenza al lavoro creano i presupposti per una maggiore attenzione da parte delle organizzazioni nei confronti dei lavoratori.
Dall’introduzione di welfare di secondo livello le aziende ottengono i seguenti benefici:

Incremento della produttività
Miglioramento del clima interno
Riduzione dei costi di gestione
Maggiore impegno da parte dei dipendenti
Motivazione e fidelizzazione del personale
Capacità di attrarre e trattenere talenti
Riduzione assenteismo e turnover
Miglioramento della reputazione aziendale

Il welfare aziendale costituisce un insieme di benefit e prestazioni, diffuso soprattutto nelle multinazionali, finalizzato a superare la componente meramente monetaria della retribuzione al fine di sostenere il reddito dei dipendenti e migliorarne la vita privata e lavorativa.
Esso può essere stimolato attraverso la leva fiscale, come finalmente è avvenuto anche in Italia attraverso la Legge di Stabilità 2016, attraverso la detassazione di fattispecie quali i viaggi ricreativi, i check up medici, le visite specialistiche, le rette per corsi sportivi, gli abbonamenti a riviste e quotidiani, i biglietti per spettacoli.

La nuova disposizione prevede che i premi di risultato erogati fino all'importo di euro 2.000 (o 2.500 in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori) siano assoggettati ad un'imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, se legati ad incrementi di produttività e redditività.

In Italia le politiche di contenimento del welfare pubblico avviate negli ultimi due decenni per conseguire gli obiettivi di riduzione del deficit hanno generato un crescente bisogno di prestazioni integrative, non solo nel campo della previdenza e dell’assistenza sanitaria, ma anche e soprattutto in quello dei servizi a favore della famiglia.
Se, infatti, l’Italia destina alla spesa sociale circa il 25% del proprio PIL, in linea con i principali Paesi europei, in realtà il peso delle prestazioni pensionistiche per vecchiaia rappresenta da sola il 51,4% di tale spesa (contro una media europea del 39,6%), mentre, come mostra il grafico n.1, l’Italia si colloca peraltro al penultimo posto fra i Paesi OECD in materia di politiche sociali per l’infanzia e per la famiglia.

Vi è quindi una forte domanda di welfare integrativo nei lavoratori dipendenti italiani, che sarebbero lieti di ricevere dall’azienda le prestazioni che il welfare pubblico non è più in grado di garantire.
Una prima area di esigenze riguarda la famiglia e, in particolare, la popolazione aziendale di genere femminile. Recenti indagini hanno dimostrato che il 50% delle donne occupate a tempo pieno ha difficoltà a conciliare lavoro e vita privata, tanto che il 30% delle madri lavoratrici con meno di 30 anni di età si licenzia perché tale conciliazione non è possibile. D’altronde, solo il 27,8% di donne occupate si avvale di un asilo nido (il 13,5% di asili pubblici e il 14,3% di asili privati), mentre il 28,3% vorrebbe avvalersene ma non lo fa perché mancano asili o perché sono troppo distanti o perché mancano posti o perché la retta è troppo cara.
Il costo medio mensile di un nido comunale full-time è di euro 290 per bambino (circa 400 euro in Lombardia) ma, poiché mediamente 1 bambino su 3 non riesce a entrare (con punte di 3 su 4 nelle grandi città), le famiglie sono costrette a rivolgersi ai nidi privati con un’esplosione dei costi.
Il grafico n.2 mostra i risultati di questa situazione: nel nostro Paese il tasso di occupazione delle donne con figli sotto i 16 anni di età è tra i più bassi a livello OECD.

Una seconda area di esigenze riguarda l’assistenza sanitaria integrativa. La spesa sanitaria privata in Italia ammonta a circa 480 euro pro capite (30 miliardi di euro) e rappresenta circa il 2% del PIL. Tale spesa è quasi esclusivamente out-of-pocket, cioè sostenuta direttamente dalle famiglie senza alcuna forma di mutualità. Di conseguenza, la sua incidenza nel bilancio familiare è superiore nelle famiglie meno abbienti.
Secondo i dati ISTAT, le famiglie con figli o in cui sono presenti persone anziane sono le più esposte al rischio di impoverimento a causa di spese sanitarie. La spesa per forme sanitarie integrative in Italia (polizze, fondi e mutue) rappresenta peraltro solo il 4% della spesa sanitaria privata ed è largamente inferiore a quella degli altri Paesi industrializzati. La tendenza delle famiglie italiane a ricorrere alle spese out-of-pocket a costo di impoverirsi è dovuta quindi anche alla mancanza di forme sanitarie integrative che consentano soprattutto di ridurre l’impatto delle spese sul bilancio familiare grazie a meccanismi mutualistici.

La Legge di Stabilità 2016, in merito a ciò ha potenziato le agevolazioni fiscali per le aziende che concedono servizi e prestazioni di welfare aziendale ai dipendenti (asili nido, buoni pasto, assistenza integrativa); allo stesso tempo ha reintrodotto la detassazione dei premi produttività e delle altre voci di salario legate agli incrementi di performance.

La legge di Stabilità 2016 ha reintrodotto la detassazione per i premi di risultato rendendola strutturale, applicabile nell’anno d’imposta 2016 e nei successivi senza la necessità di ulteriori norme o disposizioni attuative.
Il 25 marzo 2016 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, hanno firmato il Decreto che definisce i criteri e le modalità di applicazione dell’imposta sostitutiva (10%) in caso di pagamento da parte del datore di lavoro di somme a titolo di premi e di partecipazione agli utili dell’impresa.
La legge di Stabilità 2016 prevede, come novità, che il contratto aziendale o territoriale possa contenere la possibilità di scelta - in capo al dipendente - fra i premi di produttività, le somme ed i valori di cui all’art. 51 del TUIR comma 2 e comma 3 ultimo periodo, senza che questi entrino a far parte del reddito di lavoro dipendente. In buona sostanza (sempre che il contratto aziendale o territoriale lo preveda) il lavoratore può scegliere di non ricevere in tutto o in parte le somme detassate e di fruire in alternativa di somme e valori dell’art. 51 del TUIR (esempio contributi versati dal datore di lavoro a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale oppure sotto forma di contributi al fondo di previdenza complementare) senza che questi ultimi vadano a formare il reddito di lavoro dipendente nei limiti già previsti dal TUIR.
Viene quindi superato l’indirizzo dell’Agenzia delle Entrate che non permetteva il regime agevolato di cui all’art.51 del TUIR nel momento in cui le somme o i valori discendevano da un obbligo contrattuale, la risoluzione 26/E del 29/3/2010 cita “... Ai fini dell’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’art.51, comma 2, lett. f), devono ricorrere congiuntamente le seguenti condizioni: - la spesa deve essere sostenuta volontariamente dal datore di lavoro e non in adempimento di un vincolo contrattuale ...”
Per agevolare ancor di più tali accordi di welfare aziendale il legislatore ha modificato i commi 2 e 3 dell’art. 51 del TUIR ampliando la tipologia di somme o prestazioni agevolate per renderle più idonee a rispondere alle richieste dei lavoratori e più attuali, si pensi all’introduzione fra i servizi agevolati della fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti ed alla possibilità che tali erogazioni avvengano mediante Voucher “documenti di legittimazione
nominativi, in formato cartaceo o elettronico”.
Nell’immediato futuro si assisterà, presumibilmente, all’aumento della contrattazione aziendale in materie di premi di risultato potenzialmente detassati, in considerazione del fatto che le agevolazioni in termini di welfare aziendale possono interessare anche il datore di lavoro in quanto 5 tali forme di premio non sono soggette a contribuzione mentre le altre, per effetto della legge di stabilità 2016, lo sono.

La riscrittura del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR estende l’esenzione IRPEF per somme, servizi e prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti (o categorie di dipendenti) per la fruizione e la frequenza da parte dei familiari indicati all’articolo 12 del TUIR, anche non fiscalmente a carico, di:

servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa a essi connessi;
ludoteche (luoghi di intrattenimento per bambini per finalità didattiche) e centri estivi e invernali (a quest’ultimo riguardo, le sole colonie climatiche);
borse di studio.
servizi di assistenza ai familiari (indicati nell’articolo 12) anziani o non autosufficienti.

Fonte:

CCIAA e Regione Liguria, Percorsi responsabili – Welfare aziendale,2016.
Legge di stabilità 2016, 28/12/2015 n° 208, G.U. 30/12/2015.
Il Sole 24 Ore, Welfare aziendale: cos’è e quali vantaggi ti porta?,2016.
ESTE – Edizioni Scientifiche Tecniche Europee Srl, Il welfare aziendale nel sistema del total reward,2016

Edoardo Desiderio – Agenzia Stampa Italia

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