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Umbria Jazz 2011: formazioni e orchestre
(ASI) Branford Marsalis Duo & Quartet e European Jazz Ensemble



European Jazz Ensemble: un ottimo jazz orchestrale

Al loro 35° compleanno in questa occasione si presentano come ottetto e Jiri Stivin, Matthias Schriefl, Alan Skidmore, Stan Sulzmann, Gerd Dudek, Rob Van Den Broeck, Ali Haurand, Clark Racy sono i musicisti che lo compongono. La European Jazz Ensemble, ha una storia molto solida e lunga e ha tenuto a battesimo jazzisti italiani importanti tra cui Fresu. Eseguono etnico, free, blues e molto jazz tradizionale. Lunedì 11, al Santa Giuliana hanno proposto un ottimo jazz orchestrale, attuale, molto contemporaneo, reso con suoni pulitissimi e che ha dimostrato da subito la forte esperienza, la lunga storia e tradizione dei musicisti. La loro musica è molto densa, poco spensierata, cerebrale. È un jazz puro il loro che porta quasi tutti gli strumenti al limite, anche troppo. Molto brava la tromba con i suoi barriti limpidissimi e interessante il flauto. Peccato abbiano pagato un po’ lo scotto di suonare come secondo gruppo dopo una performance lunga ed impegnativa come quella offerta dalla formazione di Marsalis.

Branford Marsalis Duo & Quartet: intensità e misticismo

Branford è “figlio d’arte”, il pianista Ellis Marsalis e il trombettista Wynton sono notissimi e rappresentano delle vere e proprie icone. Lunedì sera ha esordito in duo con un pianista di jazz moderno post bop tra i più accreditati sulla scena mondiale che tecnicamente non ci entusiasma ma che come partner è molto bravo e con il quale Marsalis ha inciso vari CD. Come quartetto oltre a al menzionato Joey Calderazzo, che ci ricorda vagamente Petrucciani, poi intervengono Eric Revis, Jusitin Faulkner. Realizzano un jazz attuale, melodico, legato alla tradizione, allo swing, fa emergere il blues, “discorsivo” e che trapela vivacità di inventiva.
Durante il primo brano romanticismo e modalità tonali, suoni nasali ed accenti arabeggianti o comunque esotici dell’ottone, fanno scoprire anche un pianoforte che è quasi “classico”, come tutto l’impianto del brano. La melodia pura ieri sera è entrata nel jazz. Hanno preponderato le tonalità minori, malinconiche che negli ascoltatori hanno determinato introspezione e sensazioni tra l’yiddish e lo sceneggiato neorealista francese. Il duetto iniziale con il pianoforte si chiude al ritmo di un raffinato attualizzato valzer.
La formazione del quartetto poi è molto affiatata, tra note precise della testiera e velocità elevatissime dell’ottone, echi anni Sessanta, qualche atonalità e cromatismo, cambi ritmici repentini perfettamente gestiti, esplode sollevando applausi.
Poi sonorità dolci-amare prendono piede sempre in bilico tra tonalità ed atonalità, creando dialoghi musicali, trine sonore e tematiche prive di ogni stucchevolezza. Ad un tratto, quasi senza accorgersi, transitando attraverso i meandri di una musica sussurrata, un momento di altissima musica e sensazioni. Un momento musicale mistico e senza alcun dubbio da brividi. Bis con il grande sassofonista jazz italiano Stefano Di Battista, dal carattere blues e con accenti da street parade.

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