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A tazzulella che allunga la vita

(ASI) Sono stati pubblicati dall’autorevole New England Journal of Medicine, i risultati di un recente studio che ha portato alla luce una probabile correlazione inversa tra il consumo di caffè e il rischio di mortalità. Durata ben tredici anni, la ricerca è stata eseguita su un campione di 300.000 uomini e donne, tra i 50 e i 71 anni di età, in buone condizioni di salute.

Inizialmente, l’ipotesi di partenza dei ricercatori è stata quella di verificare la correlazione diretta tra consumo di caffè e rischio di mortalità, escludendo la probabile incidenza di altre variabili, legate allo stile di vita del consumatore abituale. Infatti, i primi risultati evidenziavano un elevato tasso di mortalità tra gli aficionados della bevanda nera, rispetto ai non consumatori. Tuttavia, quando i dati sono stati rielaborati considerando la “variabile tabagismo”, si è palesata l’inversione di tendenza. Il tasso di mortalità dei caffeinomani aumentava se questi erano anche abituali fumatori. Depurati dal fattore fumo, i dati hanno rivelato che, al crescere del numero di tazzine consumate diminuisce il rischio di mortalità associato a patologie cardiache, respiratorie, al diabete, a infezioni varie, ma non al cancro.

Gli autori dello studio rimangono cauti, consapevoli che le scoperte scientifiche sono spesso frutto del caso, ma le loro evidenze, al contrario, richiedono procedimenti di verifica predeterminati e molto accurati.

Mentre gli esperti cercheranno di dimostrare le reali potenzialità dell’ennesimo elisir di lunga vita, continueremo a goderci la certezza di quei piccoli momenti di piacere rituale, che danno alla vita un aroma tutto speciale.

Fabrizio Torella Agenzia Stampa Italia

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