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Medicina. Da Perugia un nuovo studio per migliorare la diagnosi precoce del tumore della prostata

(ASI) Perugia - I ricercatori della Clinica Urologica e Andrologia dell’Università di Perugia hanno avviato uno studio per valutare l’efficacia di un nuovo metodo per la diagnosi precoce del tumore alla prostata, la neoplasia solida più comune di Europa, con un tasso di incidenza di 214 casi per 1000 uomini, superiore al tumore sia del polmone, sia del colon-retto.

Tale studio prospettico, svolto in stretta collaborazione con il Servizio di Patologia Clinica della Azienda Ospedaliera di Perugia, è quello di confermare il valore predittivo diagnostico e prognostico del 2proPSA - una particolare forma del tradizionale antigene prostatico specifico PSA - e dei suoi derivati: recenti ricerche, infatti, hanno dimostrato che alcuni nuovi biomarcatori – ed in particolare, negli ultimi due anni, il 2proPSA – dotati di una maggior sensibilità e specificità, potrebbero essere efficacemente impiegati nella diagnosi precoce di questa neoplasia.

I due test oggi più comunemente usati per la diagnosi del cancro alla prostata sono infatti l'esplorazione rettale (DRE) ed il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico): nella maggior parte dei casi il tumore viene rilevato in uno stadio preclinico, in assenza di segni soggettivi ed obiettivi, in pratica solo per l’aumento del PSA.

Tuttavia il PSA è un marcatore organo-specifico ma non tumore-specifico ed suoi livelli possono aumentare come risultato di attività fisica, attività sessuale, dopo esplorazione rettale ed ecografia transrettale, in presenza di iperplasia prostatica benigna (BPH), prostatite acuta e cronica e, ovviamente, in presenza di neoplasia. Il 70% dei casi di cancro può essere rilevata ponendo il limite superiore di PSA a 4,0 ng/ml, tuttavia, utilizzando tale soglia, dal 20% al 25% dei casi di cancro prostatico non vengono rilevati (falsi negativi) ed il tasso di falsi positivi è del 65%.

La ricerca in corso di svolgimento a Perugia intende migliorare le opportunità diagnostiche: coinvolge uomini di età compresa entro i 75 anni, candidati all’esecuzione della biopsia prostatica, e viene realizzata grazie all’esame di campioni di sangue prelevati ai pazienti prima di essere sottoposti a qualsiasi manipolazione che potrebbe causare loro un aumento transitorio dei biomarcatori.

Conclusa la fase di arruolamento, lo studio sarà oggetto di valutazione statistica al fine di identificare quali pazienti effettivamente necessiteranno di una biopsia prostatica, e quali potranno essere indirizzati ad una vigile attesa.

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