Il tartufo, diamante nero della cucina

(ASI) Tesoro di boschi e montagne, il tartufo è conosciuto e apprezzato fin dalle epoche più antiche. La natura e il suo aspetto apparivano alquanto misteriosi dalle civiltà: i Babilonesi lo ricercavano tra le sabbie dei deserti orientali, Greci e Romani ne furono grandi ammiratori da attribuirgli qualità divine.

Lo storico Plutarco lo credeva generato dall'azione combinata di acqua, calore e fulmini, mentre per il poeta latino Giovenale il prezioso tubero era riferito al re degli dei Zeus e al fulmine da lui scagliato in prossimità di una quercia, il suo albero sacro. L'entusiasmo del mondo antico verso il tartufo diminuì nel Medioevo, ove si credeva contenesse veleni mortali e che fosse cibo delle streghe. In epoca Rinascimentale, a seguito dell'affermarsi di una vera e propria cultura del gusto e dell'arte culinaria, fu rivalutato sino a divenire protagonista indiscusso delle raffinate tavole signorili.

Il tartufo è un fungo ipogeo: nasce, cresce e si sviluppa sotto terra, il suo corpo vegetativo (il micelio) si collega alle radici di querce, noccioli selvatici e tante altre piante. A dare vita al tartufo sono spore e radici di piante, l'umidità del terreno e la temperatura che determinano la sua formazione, in specificate condizioni metereologiche il micelio genera corpi fruttiferi. Ogni singolo tartufo ha una sua identità, un sapore e una sfumatura di aroma che può essere paragonato a tre sostanze: l'aglio, il miele millefiori e il fieno. In una trifola di ottima qualità questi tre profumi devono legarsi tra loro in perfetta armonia, senza che nessuno prevalga sull'altro.

Il tartufo è composto da due parti: il peridio, detto anche scorza e la gleba, comunemente chiamata carne. La scorza può essere liscia oppure irregolare, il colore a seconda delle specie e della fase di sviluppo può assumere una tonalità chiara oppure scura. La gleba presenta una consistenza variabile dal morbido al legnoso, in base al processo di maturazione, durante la crescita assume una colorazione molto chiara, fino ad arrivare a tonalità più o meno scure a seconda della specie. A completa maturazione la gleba presenta un tipico aspetto "marmorizzato", dovuto ad una serie di striature costituite da filamenti di micelio che formano le cosiddette "vene".

Una famiglia con tanti parenti, se il tartufo bianco pregiato e nero pregiato sono ritenuti i più importanti, ve ne sono altri non meno interessanti dal punto di vista gastronomico, come lo scorzone d'estate e d'inverno, bianchetto, tartufo nero d'inverno e tartufo moscato. Le loro caratteristiche variano a seconda della stagione e dalla loro raccolta, ogni specie ha il suo colore e aroma tipo.

Questa prelibata trifola della cucina è molto ricercata dai palati fini. Ma attenzione, data la sua rarità, il tartufo spesso ha costi abbastanza elevati. Però vale la pena gustarli. Infatti, come Wolfang Amadeus Mozart nella sua grandiosa genialità e ricercatezza dava vita a una musica limpida e fluente, capace di parlare un linguaggio universale, così il tartufo trova la sua esaltazione in cucina, con piatti anche semplici che, grazie al suo aroma, riescono a emozionare, sviluppare la fantasia e rallegrare il cuore di chi ha la fortuna di assaporarli.

Francesco Rosati - Agenzia Stampa Italia

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