Raccontare il calcio e l'integrazione: ‘Nessuno in Fuorigioco’

3b2(ASI) - La città di Perugia sarà il teatro della dodicesima edizione dell’International Journalism Festival, che si terrà dall’11 al 15 Aprile 2018, in vari luoghi del centro storico; numerosi saranno gli appuntamenti in questi giorni, ai quali saranno presenti molti giornalisti da tutte le parti d’Italia.

Image 2 bL’ingresso ai vari incontri è completamente gratuito. Alle ore 14,30 della giornata di mercoledì, presso la Sala del Dottorato, si è tenuto un convegno incentrato sul calcio, in particolar modo quello dilettantistico, e il suo rapporto con l’integrazione dei migranti. Sono intervenuti: Raffaella Chiodo vice presidente di FARE, il co-fondatore e direttore editoriale di ‘MondoFutbol’ Guido Montana, il direttore responsabile di ‘MondoFutbol’ Carlo Pizzigoni, la coordinatrice nazionale Associazione Antigone Susanna Marietti e Alberto Urbinati, fondatore e presidente di ‘Liberi Nantes’.

 

 

Guido Montana

“Siamo qui per raccontare il calcio e l’integrazione; in Italia, in un periodo così complesso, è possibile agire in modo differente, concreto e positivo per aiutare i migranti. Noi di ‘MondoFutbol’ abbiamo creato nel 2016 ‘Nessuno in Fuorigioco’, un web reportage che racconta sei storie di integrazione legate al mondo del calcio in tutta la penisola, per dire no all'emarginazione e andare oltre al significato di frontiera e alla discriminazione.
Il calcio è il vero ispirante del mondo, non è solo un gioco ma qualcosa di più: deve essere uno strumento di amicizia tra tutti i giovani nel mondo. ‘MondoFutbol’ racconta il calcio dalla coppa del mondo fino al settore dilettantistico e dimostra come questo sport sia di tutti; inoltre deve anche essere uno strumento di condivisione di valori e noi giornalisti dobbiamo lottare per comunicare il vero senso del calcio”.

 

Alberto Urbinati

“C’è tanto bisogno di lavori come ‘Nessuno in Fuorigioco’ per ridare un nuovo significato allo sport. Si tratta di storie difficili con persone che, una volta arrivate in Italia, vengono spesso emarginate in centri d'accoglienza dove non ci sono stimoli per sviluppare le loro conoscenze, senza cercare di migliorare la loro integrazione ma diventa solamente un posto dove mangiare e dormire.
‘Liberi Nantes’ nasce 10 anni fa nel quartiere di Pietralata, periferia di Roma, da persone che frequentando gli stadi si sono accorte di un crescente clima avverso nei confronti degli stranieri; convinti del fatto che questo sport debba aggregare e non provocare razzismi, abbiamo fondato questa associazione. Giochiamo nel calcio ufficiale, in terza categoria romana, ma siamo fuori classifica perché non siamo ancora riusciti ad abbattere tutta la burocrazia italiana; per tesserarsi serve infatti un certificato di residenza che i rifugiati non possono logicamente ottenere.
Siamo un gruppo di volontari e non abbiamo nessun finanziamento pubblico. In 10 campionati ‘Liberi Nantes’ è stata per 4 volte la squadra più corretta in terza categoria. Nel 2010 ci è stato assegnato un campo per giocare che in precedenza era solamente uno spazio in disuso; oggi invece non siamo i soli ad usufruirne ma ci sono altre associazioni che giocano le loro partite ufficiali in questi spazi. Questo è stato fatto grazie ai migranti che dal 2015 hanno iniziato a prendersene cura, trasformando un momento di lavoro di manutenzione, in un’opportunità per socializzare. Purtroppo ci sono persone a cui non piacciono queste cose, con episodi gravi che succedono in campo in media 3 volte l’anno. Se i nostri giocatori reagiscono alle provocazioni, vengono espulsi dalla squadra mentre a questi provocatori non succede niente; le istituzioni non fanno niente contro questi atteggiamenti xenofobi e abbiamo chiesto una maggiore attenzione per punire chi insulta o chi è scorretto in campo contro i nostri ragazzi. Molto spesso arrivano anche minacce di morte.
Per noi il gioco rappresenta un elemento di inclusione sociale. Le barriere culturali che hanno i migranti sono state abbattute grazie a questa interazione. Indossare la stessa maglia fa acquisire un'identità collettiva al di là dei singoli; cerchiamo di alimentarla anche portando i ragazzi a vedere la città e facendogli frequentare la scuola d'italiano.
Noi vogliamo essere un piccolo esempio; stiamo parlando di cose che abbiamo realizzato veramente e ad oggi stiamo anche cercando di far partecipare le donne ad un progetto sportivo.
C’è però bisogno di maggior comunicazione che deve aiutarci a narrare dell'immigrazione in modo diverso”.

 

Susanna Marietti

“Io sono un membro dell’Organizzazione Antigone che promuove diritti umani nei sistemi penali e penitenziari. Il nostro compito è quello di visitare tutte le carceri italiane filmando e monitorando le condizioni di vita dei detenuti nel rispetto dei diritti. Abbiamo sempre tentato di trovare linguaggi alternativi capaci di arrivare all’opinione pubblica generalista per abbattere certi pregiudizi; abbiamo infatti un programma radiofonico che collabora con le carceri e abbiamo anche narrato del tema con un racconto. A Roma in campo in nome dell'integrazione, dell'anti-razzismo e dei diritti per tutti, abbiamo fondato l’Atletico Diritti, una squadra composta da immigrati, detenuti e studenti universitari. Oltre al calcio abbiamo una squadra anche di basket e kricket. In Germania, ad esempio, hanno adottato una politica inclusiva partendo dallo sport.
Il nostro intento è quello di unire ragazzi sfortunati ad altri più privilegiati, un linguaggio nuovo per parlare di vecchi argomenti. Ma gli ostacoli non sono pochi, infatti per tesserare un italiano ci vuole poco tempo mentre per gli immigrati ci vuole un mese, senza contare tutta la burocrazia. Inoltre il nuovo decreto sulla sicurezza urbana, è stato appositamente fatto contro poveri e immigrati, introducendo il daspo urbano. Per quanto riguarda i detenuti invece, nelle carceri, si tende a infantilizzare i reclusi, cercando di non farli relazionare con il mondo come adulti, trattandoli quindi come bambini. Ma non è questo un giusto comportamento”.

 

Raffaella Chiodo

La rete FARE è composta da più di 100 associazioni in tutta Europa e in altri paesi nel mondo. Il calcio è uno strumento formidabile che permette di conoscersi giocando. Nel calcio moderno ci sono atteggiamenti xenofobi, razzisti e purtroppo questo rappresenta lo specchio della società; ci sono dei casi di razzismo anche da parte dell'arbitro. Dobbiamo trovare il modo di affrontare tutto questo; nell’est dell’Europa troviamo che il livello di razzismo contraddistingue in particolar modo anche le tifoserie. Molto spesso FIFA e FIGC hanno delle regole che ostacolano l’accesso al gioco; il problema è anche la politica che non si muove come succede invece altrove. Abbiamo bisogno di integrare queste generazioni che hanno un colore di pelle differente e l’Italia deve prenderne atto, come è già accaduto in Francia da anni e come avviene oggi in Germania.
Ci sono troppi pochi stranieri nelle squadre e l’esclusione avviene soprattutto per motivi burocratici, anche se molto spesso si tratta comunque di ragazzi nati e cresciuti qui.
Una delle nostre iniziative sono i cosiddetti ‘Mondiali antirazzisti’ che si fanno da ben 21 anni e che quest'anno ai svolgeranno a Luglio; un incontro di 5000 persone italiane, dove si gioca per 4 giorni in libertà. Lo scorso anno avevamo ben 170 squadre partecipanti”.

 

 

Claudia Piagnani - Agenzia Stampa Italia

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