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San Leopoldo Mandic e la sua rivista a quasi 70 anni dalla morte

(ASI) Veneto - A Padova, sono molte le Chiese di una certa importanza. Due le Basiliche, quella di Sant'Antonio e di Santa Giustina. La Cattedrale. La “Porziuncola” del quartiere Arcella, dedicata sempre a S. Antonio. La Chiesa di San Francesco e Santa Rita. Ed indubbiamente, da annoverare, per importanza e lustro, v'è il convento dei Cappuccini, il Santuario di San Leopoldo Mandic, che si trova in Piazzale S. Croce.

 

Leopoldo Mandic nasceva a Castelnuovo di Cattaro, in Dalmazia. E' stato un presbitero di origini montenegrine dell'Ordine dei Frati Cappuccini Minori e nel 1983 è stato proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II. A Padova, dopo la morte, è stato, sin da subito venerato come un Santo, e dal momento in cui si è spento il santuario è meta di pellegrini che vengono in devozione. Le messe che si celebrano con molta frequenza, sono sempre assai frequentate, a differenza di altre chiese che stanno subendo una crisi di fedeli. Quest'anno, il 30 luglio, ricorreranno i settant'anni dalla sua scomparsa, e le celebrazioni sono già cominciate il mese di maggio, con tutte le autorità cittadine, civili e religiose, presenti.

Come ogni grande comunità, anche il Santuario di San Leopoldo ha un suo periodico, di cadenza mensile. Si chiama “Portavoce di San Leopoldo Mandic”. Esso tratta i temi più diversi, dalle lettere all'attualità ecclesiale, dalla cultura leopoldiana ai detti e fatti, dalla vita del santuario alla spiritualità quotidiana. Il numero di giugno 2012, tuttavia, si è distinto particolarmente per uno speciale, a penna di Giovanni Lazzara. L'articolo ha qualcosa di veramente unico: la ricostruzione dei bombardamenti del 1944 sui cieli padovani del maggio del 1944, in particolare, riportando la vita del Convento. Il resoconto si basa su un resoconto americano, per la prima volta disponibile al grande pubblico. Vediamone assieme i punti basilari.

L'autore afferma che il 14 maggio del 1944 sarebbe dovuto esser stato uno dei giorni più belli dell'anno per l'ordine dei frati Cappuccini di Padova. Tuttavia, si è trattato del più triste, e poco ci mancava che fosse l'ultimo, se le bombe avessero ammazzato tutti, oltre a devastare il convento.

Nel marzo del 1944, gli Alleati avevano elaborato l'operazione Strangle, strangolare. Si trattava di un'imponente operazione aerea, affidata all'aviazione, perseguente l'obiettivo di tagliare le comunicazioni ferroviarie, indispensabili per i rifornimenti dall'Italia settentrionale, da dove l'esercito tedesco veniva rifornito. Quindi, dal 1943 al 1945, i bombardamenti cosiddetti “strategici” sono stati all'ordine del giorno. Sappiamo tuttavia che non si trattava molto di strategia, ma di terrorismo. La Puglia, base del Governo Militare Alleato, disponeva di una trentina di aeroporti e piste di atterraggio per far decollare i bombardieri verso il nord Italia, o per proseguire oltre. I danni collaterali sono riscontrabili ovunque: oltre ai bombardamenti e mitragliamenti di ferrovie, caserme, ponti e campi di aviazione, di interesse prettamente militare, venivano colpiti ospedali, industrie, chiese, abitazioni private, scuole. I numeri che Lazzara riporta, tratti dal libro di M. Gioannini e G. Massobrio “Bombardate l'Italia”, del 2007, pag. 190, sono chiari: nel territorio della RSI ci sono state più di 4500 incursioni, provanti enormi danni. 22.000 morti e oltre 36.000 feriti civili. Solo Venezia, in parte, poteva definirsi al sicuro, le altre, purtroppo no. E le occasioni raccapriccianti come Gorla, parlano ancora da sé.

Le bombe su Padova, secondo la storia ufficiale dell'Air Force americana, hanno causato 2.000 morti nella città, e contando la periferia, 3.500 persone. Le perdite subite del patrimonio artistico della città patavina sono incommensurabili: distruzione, l'11 marzo del 1944 della Chiesa degli Eremitani, con perdita degli affreschi di Andrea Mantegna, della Cappella Ovetari. Tra il 22 e il 24 marzo del 1944, altra pioggia di bombe, indiscriminatamente su edifici civili e religiosi, quali: seminario, la Cattedrale, l'ospedale psichiatrico, il cimitero maggiore, molte case del quartiere Arcella, a ridosso della stazione ferroviaria.

E veniamo dunque al 14 maggio 1944. La cronaca di uno dei frati cappuccini ha lasciato questa documentazione: “Alle ore 12,00 precise, il nostro convento fu colpito in pieno da cinque bombe aeree nemiche, giudicate dal peso di dodici quintali ciascuna. Una prese in pieno – precisamente tra le due cappelle, di San Francesco e di Sant'Antonio – la nostra cara, bella e devota chiesa e la distrusse completamente. Rimase in piedi una parte della facciata, la parete sinistra ed il coro, seriamente danneggiato. Una nota degna di rilievo: nella cappella della Madonna, rimase non solo incolume la statua della Madonna Immacolata – a deplorare l'orrenda profanazione e per dire a noi religiosi, col suo celestiale sorriso, accorsi per ringraziarla: “sono stata io che vi ho salvato!”, ma rimase intatto persino il vetro”.

Incredibile descrizione, anche per un non credente. L'unica parte del convento risparmiata, abbiamo appreso che è stata la Statua della Madonna e il vetro della nicchia. Il resto degli ambienti, il lettore potrà già immaginarlo: distruzione dello studio, foresteria, infermeria. Nella stessa tragica circostanza, sono state colpite anche la residenza delle suore salesie e alcune abitazioni del quartiere Bassanello e Voltabarozzo. Tuttavia, sino ad oggi, sono rimasti ignoti i motivi di tanta crudeltà e distruzione. Perché proprio il Convento?

A 68 anni di distanza, tramite i documenti americani disponibili, Lazzara ha potuto ricostruire la dinamica degli eventi. I B-24 del 461° gruppo bombardieri americano, decollavano dalla base di Cerignola (Foggia). Operavano nel teatro mediterraneo della 15ma Air Force, al comando del col. Frederic E. Glantzberg. 36 sono stati i bombardieri impiegati nell'operazione, per colpire le stazioni di smistamento del nord Italia. L'obiettivo era lo scalo di Padova Campo di Marte, situato sulla linea Padova – Bologna, collegante la città veneta a Rovigo, Ferrara e all'Emilia – Romagna, puntando verso l'Italia meridionale. Posta nei pressi dell'aeroporto militare, aveva funzione anche di importante deposito ferroviario.

E qui scatta la “colpa” del convento dei Capuccini, e di Padova intera. Difatti, in linea d'aria, la distanza tra la stazione Padova Campo di Marte e il Convento, è di 1.600 metri. E stando al resoconto americano, le bombe che hanno distrutto la chiesa di S. Leopoldo, dovevano essere tra quelle che hanno mancato l'obiettivo. Inoltre, i piloti che hanno eseguito tali operazioni, non conoscevano per nulla il territorio italiano, oltre ad avere un'età compresa tra i 18 e 20 anni. Non possiamo parlare di bombardamenti “intelligenti”, ma tutt'altro. Per gli americani, all'epoca, si considerava centrato il tiro se la metà delle bombe cadevano in un raggio di 1.000 piedi dall'obiettivo, ossia 305 metri. Di conseguenza, non possiamo sorprenderci che considerando gli standard militari dell'epoca, la valutazione di questo raid, sia stata super job (!!), ossia ottimo lavoro. Davvero un ottimo lavoro, se pensiamo che i padovani hanno fatot i conti con 81 tonnellate che caddero imprecise, ma devastanti!

L'articolo dell'ottimo Lazzara non finisce che stupire i lettori. L'ultima parte è dedicata al resoconto di uno dei frati cappuccini viventi che ha conosciuto Padre Mandic. Parliamo di Fra Barnaba Gabini, friulano di Lestizza (Udine), novantaduenne. Questi, biografo di San Leopoldo, riporta un episodio profetico. In pratica, Angelo Marzotto, padovano e amico penitente di padre Leopoldo, entrava il 23 marzo nel confessionale dai cappuccini. Trovava padre Leopoldo totalmente turbato, e gli ha chiesto cosa lo preoccupasse a tal punto. Quest'ultimo, asserendo che non gli era capitata alcuna disgrazia, scoppiava in un pianto dirotto. Pressato dalle domande, affermava: “Questa notte, durante la preghiera, il Signore mi ha aperto gli occhi, e ho visto l'Italia in un mare di fuoco e di sangue!” E dopo dieci anni, il Signor Alvise Franceschini, a guerra iniziata, chiedeva a Padre Leopoldo se anche Padova sarebbe stata bombardata. Egli ha risposto: “Lo sarà, e duramente”, aggiungendo particolari sorprendenti: “anche questo convento e la chiesa saranno colpiti, ma questa celletta no, questa no! Dio ha usato tanta misericordia alle anime, deve restare monumento della sua bontà”.

Incredibilmente, ogni cosa che San Leopoldo aveva visto, si è poi avverata. Dapprima, nel 1932 ha scorto l'Italia in fiamme di dieci anni dopo. E poi ha previsto sia il bombardamento del Convento, che la parte rimasta incolume, ossia la statua della Madonna. Impossibile penserete. Invece no, dacché Padre Mandic moriva il 30 luglio del 1942, e il bombardamento distruttivo è avvenuto il 14 maggio 1944. E ancora oggi, chi giunge a Padova, trova un senso di pace in quella piccola stanza confessionale con i pochi oggetti della sua vita.

Questo incredibile reportage di Giovanni Lazzara è disponibile su “Portavoce” di giugno 2012. Impossibile rimanere impassibili dopo aver letto tali particolari, confessione religiosa a parte.

Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

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