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  Viva o' Re! Via Medina 1946. Un orrore dimenticato




Viva o' Re! Via Medina 1946. Un orrore dimenticato

(ASI) E’ il 2 Giugno 1946. Per poche migliaia di voti il nostro Paese abbandona la monarchia dopo poco meno di cento anni di regno. Napoli è una roccaforte monarchica. L’ottanta percento della popolazione votante si esprime in favore dei Savoia e, alla notizia della vittoria repubblicana,  la città esplode.  Serpeggiano strane voci su brogli gravi a beneficio dei vincitori; i malumori e i  sospetti  sfociano in accese proteste.

Il Ministro dell’Interno Romiti invia all’ombra del Vesuvio i reparti Celere, unità della polizia che diverranno protagoniste nei trent’anni successivi di scontri duri con gli ambienti politici.
Napoli è in subbuglio: l’idea di un’Italia senza re fa inorridire i napoletani che invocano il nome di Umberto II, poche settimane prima ospite del capoluogo campano e accolto da trecentomila spettatori entusiasti.

Umberto però non si muove da Roma, rassegnato alla fine della sua dinastia e all’esilio.
Orazio Ferrara, storico e giornalista di Pantelleria da anni residente a Salerno, ha un po’ il pallino della ricostruzione di episodi precipitati in una zona d’ombra nella quale sono rimasti per decenni.

Ultima fatica editoriale Quei ragazzi tricolori -  i movimenti a destra e dintorni da Giovane Italia ad Avanguardia Nazionale” (Aviani&Aviani, Udine 2011), libro nel quale inserisce le vicende di Napoli nel 1946, più precisamente l’episodio di via Medina. Cosa accadde in quelle terribili giornate che, per quasi un mese, segnarono il giugno del 1946?

Mentre l'Italia rinasceva repubblicana, molte città italiane furono travolte dalle contestazioni filo sabaude. Gli uomini inviati da Romiti sono quasi tutti ex partigiani del Nord, tutti repubblicani, molti comunisti.
La vista di tricolori con lo stemma del re acceca i poliziotti che non lesinano l'uso del moschetto automatico per disperdere i manifestanti. Anzi, non solo per disperdere. L'11 Giugno la federazione del PCI di via Medina issa un tricolore privo di stemma. Il popolo partenopeo prende il gesto per una provocazione e va all'assalto.

Mario Fioretti è un giovane marinaio della Regia Marina. Si arrampica verso il balcone per impossessarsi della bandiera quando una raffica lo colpisce e lo scaraventa a terra.
Reparti Celere hanno infatti circondato l'edificio, coadiuvati da elementi della vicina stazione di polizia che, finestre aperte, aprono il fuoco su altri giovani appropinquatisi verso la bandiera.
Dopo Fioretti cadono crivellati Michele Pappalardo, Felice Chirico e Guido Beninati.

Poche ore più tardi un altro caduto, un altro marinaio, Vincenzo Guida,colpito alla nuca; poi una ragazza travolta da autoblindo.
Sono tanti i giovani che muiono colpiti dalla polizia e dai miliziani comunisti, moltissimi scugnizzi che, tre anni prima, avevano conquistato un posto nella storia costringendo i tedeschi a chiedere il permesso di ritirarsi,  caso unico in tutta l'Europa occupata.

Per decenni la storiografia ha osannato le Quattro giornate di Napoli enfatizzando il valore partenopeo nella guerra di liberazione; tuttavia le morti di via Medina spariranno dalla memoria collettiva, unitamente ai misfatti compiuti al Nord durante e dopo la guerra da unità partigiane.
Orazio Ferrara ha voluto affiancare i ragazzi 'sabaudi' agli studenti di Giovane Italia, del FUAN e di Avanguardia che, seppure da angolazioni e vedute differenti, hanno dato il proprio contributo ideale (e di sangue) alla storia italiana.

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