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Dibatto: Sport e violenza giovanile, interviene l'Assessre Liberati


OCCHI APERTI SULLO SPORT GIOVANILE. DEVE SERVIRE AI RAGAZZI PER CRESCERE BENE NON PER COPIARE I COMPORTAMENTI MENO VIRTUOSI DEI GRANDI

 (ASI) Se il giudice sportivo, in Umbria, e' stato costretto a squalificare un ragazzino di 15 anni fino al 2015 per aver picchiato l'arbitro, e se la Cassazione è costretta ad intervenire con una sua sentenza (la 26200) per sanzionare i genitori che non riescono ad educare in modo adeguato il proprio figlio minorenne che dà una testata in bocca all’avversario in partita, significa che qualcosa, anzi molto, non funziona.

Lo sport giovanile in moltissimi casi e' vera palestra di vita dal punto di vista psicofisico, perché significa - e non è certo una scoperta di oggi - una sana crescita sia del corpo che della mente. In altri casi,  che sono la minoranza, ma non rari come dovrebbero essere, si riscontrano  i peggiori difetti dello sport "maggiore" quando e' spinto fino alla esasperazione e sconfina nella patologia.

E' evidente che nel caso di un ragazzo così giovane si devono concedere tutte le attenuanti possibili, e pensare che sia stato un momento di follia recuperabile con una seria riflessione autocritica.

Dobbiamo pero' porci il problema della necessità di una seria educazione allo sport. Dobbiamo far passare nei ragazzi la cultura della vittoria e quella della sconfitta. Bisogna che imparino a gestire bene sia l’una, senza arroganza e nel rispetto dell’ avversario, che l’ altra, da prendere con serenità e senza traumi.  

Personalmente ho imparato molto dall' essermi occupato spesso di atleti paralimpici.  Atleti veri,  che si battono  per superare i propri limiti, ancor prima che gli avversari. E' un principio che dovrebbe valere in ogni sport, ma nello sport paralimpico assume un significato maggiore.

Il problema, spesso, e' che lo sport, soprattutto il calcio giovanile,  viene visto dai ragazzi, e non di raro anche dalle loro famiglie, come una specie di formazione professionale destinata necessariamente a produrre un professionista affermato, e di conseguenza strapagato. E molto spesso i campioni non sono dei buoni modelli, con i loro capricci, i comportamenti sopra le righe, la bulimia di guadagni. 

Non va bene, si perde di vista il senso autentico di un sano agonismo, il piacere di fare sport per stare insieme e divertirsi, il gusto di un impegno “dilettantistico” nel significato migliore del termine. Qualcosa che non deve essere capitalizzato ad ogni costo.

Credo che tutti quelli che si occupano di sport - naturalmente a partire da chi lo considera, come il sottoscritto, un fatto sociale, nonche' dalle stesse  societa' sportive e  dalla scuola - devono lavorare affinché si esca da questa pericolosa deriva. Non può essere una scusante il fatto che, essendo la violenza parte di questa società, e' normale che lo sia anche dello sport. No, lo sport deve essere una parte sana della società, qualcosa da prendere ad esempio. Cerchiamo di darci una regolata. Lo sport giovanile, come tutte le questioni che riguardano i giovani, e' una faccenda terribilmente seria.

 Ilio Liberati  
Assessore allo Sport del Comune di Perugia

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