L'antico culto della dea Sicinna all'ombra del Monte Sirente

sicinna(ASI) Abruzzo – Le valli dell'Appennino abruzzese, culla della società italica pre romana, hanno preservato dall' Etá del Ferro delle "isole" culturali, etniche e antropologiche per millenni.

 

Una leggenda medievale racconta che nel IV secolo d.c., all’epoca della cristianizzazione dell’Impero Romano, una scia luminosa, probabilmente una cometa con più teste, attraversò il cielo dell’Italia Centrale, quella in cui Costantino ci vide la croce (o il simbolo del Dio Mitra secondo la versione paganeggiante) che fece mettere sulle sue insegne militari prima della battaglia alle porte di Roma a Ponte Milvio vinta sul rivale al trono imperiale, Massenzio.

La cometa, secondo leggenda, sarebbe atterrata in Abruzzo, nella Valle Subequana, nell'attuale località di Secinaro (da Sicina - ara cioe altare della dea Sicina o Sicinna), formando un cratere, occupato oggi dal Lago di Secinaro.

Come ogni leggenda che si rispetti, anche questa ha sicuramente un fondo di verità.

Le analisi del radiocarbonio hanno fissato al IV secolo d.C. la nascita dello specchio d'acqua. Il geologo svedese Jeans Orno, ha ipotizzato una origine meteoritica del lago dal bordo rialzato.

Ciò che invece è certo è che in antichità, presso le popolazioni peligne e subequane, era ancora fortissimo il culto della Dea Sicinna, ninfa del corteo di Bacco (o Dioniso) , benché il Senato Romano lo avesse vietato nel 186 a.C., con la sua danza a sfondo orgiastico (la Sicinnide), poiché contraria ai mos maiorum (cioè ai costumi etici della Res Publica Romana, dunque all'ideologia fondante il potere stesso di Roma).

La meteorite avrebbe formato nella piana del Monte Sirente, il lago e distrutto il tempio pagano della Sicinna, togliendo la vita anche ai suoi sacerdoti, sostituendo la statua della Ninfa con la Madonna della Consolazione.

L'antico culto di Sicinna, da prima sincretisticamente inglobato nel culto greco - romano di Dioniso (Bacco), successivamente vietato dalle autorità romane, ma preservato per secoli nei boschi sacri del Sirente e in queste valli appenniniche, in realtà non scomparve con l'avvento del Cristianesimo ma i suoi riti sono sopravvissuti in credenze e usanze religiose locali come spiegato dallo storico locale Evandro Ricci che vede ad esempio tracce di questo rito nel testamento dell'ultimo feudatario di Secinaro Giovanni Pandulfo nel 1311.

 

Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia

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