Il nuovo femminismo sul volto di un'amazzone

coverlg(ASI) Quarant'anni fa Lynda Carter, la prima a vestire i panni di Wonder Woman per una serie tv, fu costretta a girare un puntata pilota prima delle riprese effettive. Negli Stati Uniti molti pensavano che una donna non potesse sostenere un'ora sul set.    


Oggi quell'eroina dei fumetti è interpretata dall'attrice israeliana Gal Gadot in un film uscito nel 2017, dopo decenni di femminismo hollywoodiano. Nelle sale italiane dal 1 giugno, Wonder Woman è la prima pellicola girata da una donna, Patty Jenkins, ad essere campione di incassi negli Usa, a un mese dalla sua prima proiezione a Shanghai (15 maggio).
Al cinema la parità di genere sta diventando preponderante. Dopo La Bella e La Bestia interpretata da Emma Watson e la Maleficent di Angelina Jolie, fiabe rovesciate dove i principi hanno perso ogni appeal, è l’arrivo dell'amazzone di Temiscira sulla terra a salvare gli uomini. Volto di un nuovo femminismo che, invece di distruggere il maschio, lo accompagna con saggezza verso il bene. Il rinnovamento di Jenkins è una donna che rispetta gli uomini, ma pretende la parità di genere per il talento che le donne sanno esprimere. Sul protagonista maschile (Chris Pine), pur virtuoso aiutante per la vittoria di Wonder Woman sul cattivo di turno, il dio della guerra Ares, colpisce la figura di Antiope. Robin Wright, già star nella serie tv House of Cards, trasmette alla protagonista l'arte del combattimento e l'ostilità verso una società ingiusta, la stessa da cui voleva preservarla la mamma Ippolita (Connie Nielsen), che quasi la portava alla rinuncia dell'affermazione di se stessa. Un film che non interessa solo gli appassionati, ma ha anche un valore geopolitico. Basti pensare che per la presenza di Gal Gadot, ex soldatessa dell'esercito israeliano, il film è già stato censurato in Libano ed è malvisto in altri Paesi arabi.

Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia      

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