Centenario Lattuada, evento La nostra Africa, Fabrizio Ruggirello, Scola, e L'infanzia dei generi al Cinema Trevi

(ASI) Inizia oggi a Roma al Cinema Trevi- Cineteca Nazionale, la già annunciata rassegna in omaggio ad Alberto Lattuada. A distanza di cinque anni dalla retrospettiva alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro (21-29 giugno 2009), organizzata dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale, si torna a rendere omaggio ad Alberto Lattuada, nel centenario della nascita.  

Segue la programmazione della prossima settimana del Cinema Trevi con numerose interessanti proposte, film, incontri, libri:

 

21 novembre       La nostra Africa  - evento

22 novembre       Regali di compleanno. Ricordo di Fabrizio Ruggirello

23 novembre       Una giornata particolare: Premio Venezia Classici per il miglior restauro

23 novembre       L’infanzia dei generi

 

Centenario Lattuada

venerdì 14 novembre

 

ore 17.00 La freccia nel fianco di Alberto Lattuada (1945, 82’)

Dal romanzo omonimo di Luciano Zuccoli. «Lattuada ha sentito il carattere vecchiotto e un po’ salottiero della vicenda e nella prima parte del film si è sforzato di ricostruire, sullo sfondo di un castello nobilesco, l’ambiente di dissipazione e di decadenza mondana in mezzo al quale si svolge l’infanzia del precoce piccolo musicista […] Meno ci convincono le parti che vogliono illustrare il successo del musicista al concerto. La seconda parte, con il ritorno al castello e l’adulterio ha assai buoni argomenti e Lattuada, al contrario di Zuccoli, tratta con molta serietà il problema del peccato» (Moravia).

 

ore 19.00 Il bandito di Alberto Lattuada (1946, 84’)

«Reduce dalla prigionia in Germania, Ernesto arriva a Torino, uccide lo sfruttatore della sorella, diventa capo di una banda e muore in uno scontro con la polizia. Film neorealista sui generis: il suo neorealismo è tutto nella prima, suggestiva sequenza, ma poi si trasforma in una gangster story di modello americano sulla quale il regista innesta la sua cultura cinematografica. […] A. Nazzari vinse il Nastro d’argento come miglior attore» (Morandini).

 

ore 20.45 Il delitto di Giovanni Episcopo di Alberto Lattuada (1947, 92’)

«Il protagonista, che narra di sé in prima persona, è un impiegato dell’Archivio di Stato, un tipo dostoevskiano di “umiliato e offeso”, succube di un uomo prepotente e sanguigno, un certo Wanzer che vive di espedienti e di cui egli ha sposato l’amante Ginevra. A Ginevra lo lega una sensualità avvilente e miserabile, avendo per unico bene lo struggente amore per il figlio Ciro, decenne» (Cosulich).

 

sabato 15 novembre

 

ore 17.00 Senza pietà di Alberto Lattuada (1948, 90’)

«L’ambiente delle donne costrette dalla miseria alla crudeltà e all’amarezza del commercio con i soldati stranieri, e quello degli speculatori trafficanti, riprodotti senza compiacimenti di effetti facili, inquadrano la vicenda candida di un negro e di una ragazza: non c’è vizio ma dolore, non abbruttimento ma coscienza, e in tutti un’ansia di liberazione e di purificazione, fuorché nei loschi affaristi solo intenti al denaro, al loro mestiere di sciacalli mai sazi» (Valori).

 

ore 19.00 Il mulino del Po di Alberto Lattuada (1949, 104’)

«Tratto dal terzo volume del romanzo di Riccardo Bacchelli, Il mulino del Po è un film corale, in cui i personaggi di primo piano vengono sommersi dalla folla, dalla vasta corrente del fiume, dall’accaldata pianura ferrarese. Lattuada vi racconta la storia d’amore della mugnaia Berta Saraceni e del contadino Orbino Verginesi; ma principalmente racconta un brano di storia della pianura padana, la nascita del socialismo in una zona che ancor oggi ospita le più accanite lotte di fazioni. I contadini scoprono per la prima volta la forza della solidarietà, e collaudano con lo sciopero tale forza ancora incerta, per opporsi al dispotismo del padrone» (Baracco).

 

domenica 16 novembre

 

ore 17.00 Luci del varietà di Federico Fellini, Alberto Lattuada (1950, 98’)

«Il capo di una compagnia di guitti (Peppino De Filippo) che presenta la sua scalcinata rivista in meschini teatri di provincia, inganna un’innamorata (Giulietta Masina) con una fresca campagnola (Carla Del Poggio) che l’abbandona per un impresario (Folco Lulli). Più che di Lattuada, il film reca l’impronta di Fellini. Già si avverte il suo “universo”, la divertita tenerezza, la tristezza ironica, il gusto per il barocco, l’amore per il povero mondo dei “guitti”» (Sadoul).

 

ore 19.00 Anna di Alberto Lattuada (1951, 107’)

«Anna è una sirena di locali notturni, è l’amante del barista (Vittorio Gassman), cui ella soggiace con l’oscura impressione d’una degradazione e d’una colpa, come al vizio d’una droga. Si innamora di lei un giovane signore di campagna (Raf Vallone) in cui ella intuisce che cosa può essere il compagno ed amico di tutta una vita. Finirebbe col consentire a sposarlo, e gli si presenta in casa dopo aver attinto ancora una volta all’uomo che la domina in ogni fibra, se non che, alla vigilia delle nozze, un incontro fra l’amante e il fidanzato si conclude in una tragedia» (Alvaro).

 

ore 21.00 La tempesta di Alberto Lattuada (1958, 122’)

«Un cadetto della zarina Caterina II si presenta ubriaco fradicio al cospetto di lei. Viene allontanato per punizione e, per avventura, salva da sicuro assideramento l’indomito Pugaceev, cosacco che diverrà protagonista di una prodigiosa ribellione. […] Il massimo incasso della stagione 1957-58. Dice lo stesso regista: “È un film popolare ma anche una lezione di storia”» (Sesti).

 

martedì 18 novembre

 

ore 17.00 Gli italiani si voltano di Alberto Lattuada (ep. de L’amore in città, 1953, 14’)

«Per il suo episodio, Gli italiani si voltano, Lattuada sguinzaglia in una Roma estiva e accaldata uno sciame di belle ragazze vistosamente truccate e abbigliate, poi nasconde la cinepresa in un camioncino che – come in una candida camera – le segue passo passo mentre camminano, registrando le reazioni dei passanti che si voltano e commentano» (Camerini).

 

a seguire La lupa di Alberto Lattuada (1953, 96’)

«Da un racconto di Giovanni Verga. Focosa contadina quarantenne fa sposare la tenera figlia a un soldato che fu suo amante e che vuole riconquistare. A. Lattuada ha letto il testo letterario in chiave di inconscio collettivo e arcaico, di mito, di “natura”. Bello il personaggio di Kerima donna tutta fame, animalità, corpo, misteriosa nella sua torbida lussuria» (Morandini).

 

ore 19.00 La mandragola di Alberto Lattuada (1965, 102’)

«L’angolo visuale dal quale è osservata la storia di Callimaco, il giovinotto che con l’aiuto di un parassita, d’un frate e della madre di Lucrezia, e il favore di Nicia, marito stupidotto, riesce a godere delle grazie di madonna, è ora modificato. Ciò che in Machiavelli era nuda contemplazione, così ghiaccia da risultare caustica, e celebrazione dell’astuzia intesa come misura dell’intelligenza della storia nei confronti degli sciocchi e degli ignobili, in Lattuada diviene la maliziosa ironia d’un intellettuale e gusto della beffa licenziosa. Per certi aspetti siamo alle soglie del Settecento, più che ai primi del Cinquecento, nel regno del ridicolo più che del sardonico» (Grazzini).

 

ore 21.00 incontro con Jacopo Chessa e Emiliano Morreale

 

nel corso dell’incontro sarà presentato il volume di Gianni Volpi

 

Il cinema secondo Lattuada. Bellezza, eros e stile

a cura di Jacopo Chessa e Emiliano Morreale

(Donzelli Editore, Centro Sperimentale di Cinematografia, 2014)

 

 

a seguire L’amica di Alberto Lattuada (1969, 105’)

«Una bella donna dell’alta società milanese, tradita dal marito, decide di inventarsi un amante. Ma la prima con cui si confida è proprio l’amante vera dell’uomo da lei scelto, che non perde quest’ulteriore occasione per spettegolare. La bella allora si vendicherà seducendo non solo l’amico dell’amica, ma anche il marito di lei e il figlio adolescente» (Farinotti).

Ingresso gratuito

 

mercoledì 19 novembre

 

ore 17.00 Matchless diAlberto Lattuada (1967, 104’)

«Un giornalista americano, capitato in Cina con lo scoperto desiderio d’un qualche servizio sensazionale, viene catturato come spia e condannato a morte. Ma nella prigione riceve in consegna da un vecchio cinese un anello per mezzo del quale gli è possibile rendersi invisibile per venti minuti ogni dieci ore. Sfuggito alla fucilazione e ritornato in patria, il giornalista che al pubblico è noto con lo pseudonimo di Matchless, viene forzato ad interessarsi di un’azione di spionaggio internazionale» (www.cinematografo.it). «È un divertissement giocato sull’iperbole […]. È ricco di situazioni tese che peraltro il dialogo brillante e le gags comiche s’incaricano di sdrammatizzare e volgere allo scherzo» (Zanellato). Con Patrick O’Neil, Ira Fürstenberg, Donald Pleasance, Nicoletta Machiavelli e Henry Silva.

 

ore 19.00 Sono stato io! diAlberto Lattuada (1973, 104’)

«Nell’aula del processo a carico del mostro Biagio Solise, accusato di aver strangolato un soprano della Scala durante la Lucia di Lammermoor, c’è anche il regista Lattuga che prende appunti. Lo impersona, un po’ alla Hitchcock, lo stesso Alberto Lattuada, che mentre gira i suoi film si diverte a scherzare con gli amici (il presidente del tribunale, per esempio, è lo scrittore Piero Chiara). Anche Lattuada, come Lattuga, ha l’abitudine di annotarsi le cose; e i primi appunti che fece per Sono stato io!risalgono a oltre dieci anni fa, quando voleva far debuttare sullo schermo l’ancora inedito Adriano Celentano in un progetto dal titolo Essere un mostro. Quelle poche paginette, scritte con Luigi Malerba in margine alla realtà della cronaca nera, hanno poi trovato una dimensione di spettacolo nel copione di Ruggero Maccari, uno sceneggiatore che conosce l’arte di divertire; la carta decisiva l’ha giocata Giancarlo Giannini, in gran forma dopo le virtuosistiche esibizioni nei film di Lina Wertmüller. Film girato su un attore, Sono stato io! è il ritratto di un bullo di periferia che aspira alla fama fatua dei rotocalchi e della Tv: tanto che non esita ad accusarsi di un delitto, facendo ricadere su di sé ogni sorta di indizi, perché crede di avere in tasca un’assoluzione a sorpresa con relativi titoli in prima pagina» (Kezich).

 

ore 21.00 Le farò da padre diAlberto Lattuada (1974, 108’)

«Saverio Mazzacolli, giovane avvocato romano, vuol realizzare nel Salento un villaggio turistico. Le idee e le amicizie altolocate non gli mancano: i soldi sì. Li ha, però, una nobildonna locale, la contessa Raimonda Spina e in lei, portandosela anche a letto, Saverio ripone le sue speranze. Ma la donna è furba e pretende, per finanziare il progetto, un’esosa percentuale dei guadagni. Per aggirare l’ostacolo, l’avvocato chiede in isposa la sedicenne figlia della contessa, Clotilde, bella ma mentalmente ritardata. La proposta accettata non rende tuttavia donna Raimonda più disposta a cedere» (www.cinematografo.it). «Film di amore per il cinema e dunque la vita, film di calda e travolgente lussuria» (Turroni). Con Gigi Proietti, Irene Papas e Teresa Ann Savoy.

 

giovedì 20 novembre            Lattuada e la Titanus

 

 

ore 17.00 Il cappotto di Alberto Lattuada (1952, 107’)

«Nel Cappotto […] vediamo, da un lato, feroci, inumani, corrotti, vanitosi, ipocriti volgari, i funzionari di uno spietato potere egemonico (e vestono i panni della borghesia, arrecano tutti i segni emblematici di questa classe); e dall’altro, oppressi e umiliati, popolani la cui miseria contrasta con la ricchezza e il fasto dei potenti borghesi, popolani la cui sete di giustizia è soffocata e i cui più elementari diritti di cittadino sono negati e vilipesi. […] Il cappotto di Carmine è ridotto a tal partito da non poter più sopportare nemmeno un rammendo. L’impiegato cercherà di ottenere un poco di tepore, e un poco di rispetto umano, e magari anche l’amore di un’affascinante e statuaria donna con un cappotto nuovo. Cercherà di ottenere felicità con una finzione» (Viazzi).

 

ore 19.00 Scuola elementare di Alberto Lattuada (1954, 100’)

«Un maestro di ruolo a Milano ha una relazione con una collega che finisce male. Lui allora abbandona il lavoro e si mette in società con un bidello» (Chiti-Poppi). «Se per esempio Lattuada avesse potuto lasciar da parte il romanzetto sentimentale tra il maestro Trilli e la sua bella e giovane collega Laura […] se fosse riuscito a darci di Milano un’immagine meno sbiadita […] Scuola elementare sarebbe un film molto bello. Così com’è, invece, è un film dignitoso, piacevole, a tratti ricco di sincera commozione, ma evasivo nei riguardi dell’assunto» (Aristarco).

 

ore 20.45  presentazione del volume a cura di

Sergio M. Germani, Simone Starace, Roberto Turigliatto

 

Titanus. Cronaca familiare del cinema italiano

Centro Sperimentale di Cinematografia, Edizioni Sabinae, 2014

 

a seguire I dolci inganni di Alberto Lattuada (1960, 95’)

L’adolescenza di Francesca: la scuola, la danza, il nuoto, la libertà, i primi amori… «Forse il miglior film di Lattuada (benché non apprezzato in Italia), che qui torna al mondo dell’adolescenza già esaminato in Guendalina. Il ritratto della protagonista è ottimo, e serve da legame tra ambienti e personaggi secondari, altrimenti bozzettistici. La descrizione dei turbamenti della fanciulla, fatta con un’attenzione e un’intelligenza non comuni, ha provocato al film molte noie con la censura» (Sadoul).

Ingresso gratuito - Sottotitoli in spagnolo

 

venerdì 21 novembre

 

ore 17.00 Oh, Serafina! di Alberto Lattuada (1976, 100’)

«L’incontro [tra Giuseppe Berto, autore del romanzo omonimo, e Lattuada, n.d.r.] è stato felice: non meno convinto di Berto della bontà della causa ecologica, il regista milanese ha saputo farne materia di una favola candida e piccante insieme, fervida e maliziosa, popolare ed ottimista, che divulga assai gustosamente i temi della battaglia per la difesa dell’ambiente, risolvendosi in un bizzarro quanto caldo, appassionato inno alla natura» (Zanelli).

 

La nostra Africa

evento organizzata da Giulia - Rete Italiana delle Giornaliste

in collaborazione con la Cineteca Nazionale

 

ore 19.00 Incontro con Maria Grazia Lo Cicero,

Pina Mandolfo, Anna Bandettini, Cécile Kyenge, Enza Malatino

 

a seguire Orizzonti mediterranei, storie di migrazione e di violenze di Pina Mandolfo e Maria Grazia Lo Cicero (2014, 50’)

«Abbiamo voluto dar voce al calvario dei migranti e delle migranti. Volevamo strappare loro storie di dolori. Non è stato facile. Spesso ci è stato opposto il silenzio. Un silenzio, talvolta, imposto da altri. Coloro che hanno accettato di parlare ci hanno narrato l’indicibile. Ma la loro parola non giova a dar parità a rapporti umani diseguali. Ad avvicinare codici culturali troppo differenti. A impedire tutele, ricatti, terrore, violenze. Non giova la loro narrazione se prima non rompiamo il nostro silenzio e il silenzio e l’abuso che circonda i loro pellegrinaggi fin oltre gli approdi. Il silenzi di chi, da altri mondi, non opera per rimuovere le cause delle partenze» (Mandolfo-Lo Cicero). Il documentario è stato proiettato, in anteprima, nella serata inaugurale della Mostra del Cinema di Pesaro, nei festival “Il Vento del Nord” e “Lampedusa in festival”, in concorso al Festival del Cinema Africano di Verona.

 

ore 21.30 Cuore di cane di Alberto Lattuada (1976, 110’)

«Alberto Lattuada, traducendo fedelmente il romanzo, ha seguito soprattutto due chiavi; una, la “satira feroce”, dello strapotere della scienza e la sua sconfitta finale […]; l’altra – la si intuisce fra gli spazi bianchi della rilettura di Bulgakov, colmati con una interpretazione oltre la lettera, ma forse probabilmente nello spirito –, un atteggiamento più solidale nei confronti dell’uomo-cane, che, nel film […] è più scopertamente vittima di un’ingiustizia» (Rondi).

 

sabato 22 novembre

 

Regali di compleanno. Ricordo di Fabrizio Ruggirello

 

«Se è vero che siamo tutti come candele, ce ne sono certe che ardono e si consumano più in fretta delle altre: emettendo una luce più intensa, desiderando più aria di quella che basta e avanza alla maggior parte di noi. Così è stato per Fabrizio Ruggirello, regista e sceneggiatore fra i più dotati della sua generazione, che se ne è andato poche notti fa, senza nemmeno accorgersene, a cinquant’anni appena compiuti. Giovanissimo, Fabrizio aveva esordito con un film ambientato in Guatemala, America: un’opera dal respiro epico e politico davvero insolito nel nostro cinema. Sembrava il primo mattone di una carriera che lo avrebbe portato lontano. Ma lo spirito di Fabrizio era quello di un vero anarchico, del tutto incapace di subire passivamente i compromessi e le snervanti mediazioni psicologiche che esige il cinema, considerato come un lavoro collettivo e una forma di potere. L’indipendenza necessaria a coltivare i suoi sogni se la conquistò, senza lagnarsi, accettando lavori più umili, come i tanti spot pubblicitari realizzati nel corso degli anni. Amava molto i libri, e considerava una vita passata senza leggere qualcosa di assurdo, una privazione di libertà intollerabile. La scintilla di tanti suoi progetti scoccava dopo una lettura che lo conquistava, diventando per lui una specie di felice ossessione […]. Per gli amici che sono cresciuti assieme a lui, era sempre un’esperienza sbalorditiva ascoltare Fabrizio che raccontava questi film come se fossero già stati girati. Era un cinema mentale che si svolgeva nello schermo delle nostre teste, a notte fonda, con tutti i suoi fotogrammi corrosi dall’inesistenza, ma capaci di provocare sorprese e intuizioni imprevedibili. Mi si potrebbe fare osservare che alla fine dei conti vale solo ciò che viene realizzato; io non ne sono così sicuro. Fatto sta che ricordo i film di Fabrizio molto più della stragrande maggioranza di quelli che ho visto al cinema. […] Chi ha avuto la fortuna di spartire con Fabrizio il tempo e il piacere di esistere, ricorderà la sua vita non come qualcosa di tragicamente interrotto, ma come una vera opera d’arte: impossibile, vale a dire, da immaginare diversa da quello che è stata» (Emanuele Trevi, «Corriere della Sera», 19 dicembre 2013).

 

ore 17.00 Anime nere di Francesco Munzi (2014, 103’)

«È un film straordinario per forza emotiva e coerenza narrativa, specie di tragedia elisabettiana ambientata nella parte più cupa della Calabria, dove il destino che incombe su una famiglia finisce per chiedere il suo inevitabile tributo di sangue. Ma è insieme un ritratto finissimo e preciso di un modo di vivere che sembra sfidare i secoli e le leggi, ancorato a vecchie tradizioni e usanze immodificabili che aggiunge al dramma un altro e più concreto livello di lettura, quasi da antropologia dei costumi. Un incontro raro, tra storia e contesto, tra forza della finzione e concretezza del reale, che fa del film una splendida riuscita [...]. Munzi, che ha firmato la sceneggiatura con Fabrizio Ruggirello (scomparso recentemente: a lui è dedicato il film) e Maurizio Braucci, mette in scena la storia con una linearità “classica”, attento alle psicologie così come ai colpi di scena, per delineare coi caratteri dei fratelli tre modi diversi di vivere l’inevitabile modernizzazione della Calabria» (Mereghetti). Dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco, con Marco Leonardo, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane e Barbora Bobulova.

 

ore 19.00 Le radici del cielo. Rossellini visto dal basso di Giuseppe Bertucci (2006, 40’)

Questo documentario raccoglie le testimonianze dei tecnici e delle maestranze che nel corso degli anni hanno lavorato con Roberto Rossellini. Montato dall’autore insieme a Fabrizio Ruggirello, che lo ha prodotto con la sua società Ruggifilm.

Ingresso gratuito

 

a seguire Questo è il mio mestiere di Fabrizio Ruggirello(2006, 9’)

Tratto dal racconto omonimo di Marco Lodoli. Un albergo che si affaccia sul mare invernale e un investigatore privato incaricato di spiare una coppia di amanti: sono questi gli elementi di partenza per un cortometraggio di atmosfera surreale e noir. L’investigatore nasconde sulla porta della stanza un radio-microfono che ha la forma di una mosca, capace di registrare voci lontanissime. Là dove realtà e immaginazione si confondono, l’investigatore troverà il vero senso del suo incarico.

Ingresso gratuito

 

a seguire Lu’ non fa miracoli di Fabrizio Ruggirello (2006, 20’)

Un ragazzo inseguito da una coppia di rapinatori, una novizia in crisi mistica che si prepara a entrare in convento e un vecchio barbone intrecciano le loro esistenze sullo sfondo di una Roma metropolitana. Il caso muove i protagonisti facendo incrociare e mutare il destino di ciascuno, in un puzzle di situazioni. Prodotto da Philippe Dugay per Full Moon Films. PremioMiglior corto italiano” e premio Kodak al Rome Indipendent Film Festival.

Ingresso gratuito

 

a seguire Regalo di compleanno di Christian Bisceglia, Fabrizio Ruggirello (2004, 7’)

Filippo, disoccupato e apparentemente innocuo padre di famiglia, cerca di essere ammesso in un clan mafioso, ma il fatto che non parla il dialetto siciliano sembra essere un grosso ostacolo. Al tempo stesso l’uomo cerca di convincere il proprio figlio a impegnarsi di più a scuola perché “studiare serve a fare carriera”. Selezionato fra i cinque migliori cortometraggi per il Nastro d’argento e menzione speciale al 50° festival di Taormina.

Ingresso gratuito

 

ore 20.30 Brani dallo spettacolo teatrale Qualcosa di scritto di Fabrizio Ruggirello e Emanuele Trevi

La lettura di Petrolio,  il manoscritto incompiuto di Pier Paolo Pasolini, è lo spunto per approfondire il percorso artistico dello scrittore e regista friulano. Qualcosa di scritto mostra agli spettatori video e filmati mentre in scena si avvicendano musiche e parole. Movimenti scenici, intuizioni, immagini ed evocazioni come piani diversi per un viaggio che ruota attorno al corpus di Petrolio.

Ingresso gratuito

 

ore 21.00 incontro moderato da Emiliano Morreale

con Niccolò Ammaniti, Marco Lodoli, Mario MartoneGiulia MerendaFrancesco Munzi

 

 

 

a seguire America di Fabrizio Ruggirello (1994, 82’)

«Il 12 ottobre 1992 un indio esce dal carcere di Guatemala City, si reca nella sua misera abitazione, non trova più la sua donna e viene a conoscenza dell’esistenza di un figlio messo in orfanotrofio. Padre e figlio, ritrovatisi, vanno, sul furgone che trasporta i manichini dei guerrieri spagnoli per il “Baile de la Conquista”, dall’altopiano del Quiché alle coste del Pacifico, passando per le piramidi Maya di Tikal, in cerca della donna scomparsa.

Soggetto e sceneggiatura di Fabrizio Ruggirello e Giulia Merenda. Con Raimundo Jose Joi, Julian Sands, Angelo Orlando e Roberta Lena, musiche Alberto Antinori, montaggio Cecilia Zanuso.

L’America per l’indio Gaspar, a 500 anni dalla scoperta di Colombo, è la discarica di Guatemala City.

Ispirato alla testimonianza straziante del libro Mi chiamo Rigoberta Menchú e all’esperienza di vita in America Latina del regista, il film viene girato in condizioni estreme, fra la guerriglia e l’esercito, con un copione che la sceneggiatrice modificava a seconda dei controlli,  e una troupe di provati “cinematografari”, fra i quali la segretaria di edizione Annamaria Montanari, che aveva lavorato con Rossellini, la costumista Susanna Levesi, miss Francia negli anni Sessanta, il direttore della fotografia Federico del Zoppo e l’operatrice Silvia Giulietti,  già nella troupe di Visconti, il produttore Antonio Cervi, figlio di Tonino e nipote di Gino Cervi.

Nello sguardo del giovane Fabrizio le ombre della Conquista e le ferite vive del Sud del mondo.

America, acquistato dalla Rai, non andò in onda né venne distribuito nelle sale e partecipò solo al Rivertown film festival di Minneapolis,  ma nel 1993 fu significativamente invitato, unico film, alla Conferenza mondiale sui diritti umani, alla presenza del Nobel per la Pace Rigoberta Menchú».

Ingresso gratuito

 

domenica 23 novembre

 

Una giornata particolare

premio Venezia Classici per il miglior restauro

 

 

La Cineteca Nazionale presenta la nuova versione di Una giornata particolare, che ha ricevuto il Premio Venezia Classici per il miglior film restaurato alla recente Mostra del Cinema di Venezia.

La Technicolor mise a punto un sistema di stampa – ENR – che permetteva di desaturare i colori per ottenere il particolarissimo tono fotografico voluto da Ettore Scola e Pasqualino De Santis. Nel 2003 questo sistema era ormai desueto e per il restauro analogico-fotochimico, curato da Giuseppe Rotunno, fu adottato un ingegnoso metodo con il quale, utilizzando diversi dosaggi di bianco e di nero, si cercò di raggiungere un risultato equivalente.

Undici anni dopo, si è ripartiti dai negativi originali, acquisiti digitalmente mediante scanner a risoluzione 4K. Si è attuato un attento “grading” del colore, per test successivi, tenendo quali modelli di riferimento una copia stampata negli anni Novanta dalla Cineteca Nazionale, realizzata con il sistema ENR, e una più recente, frutto del restauro del 2003.

Le lavorazioni a cura del CSC-Cineteca Nazionale sono state effettuate presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata con la supervisione di Luciano Tovoli e di Ettore Scola.

 

ore 17.00 Una giornata particolare di Ettore Scola (1977, 102’)

Ambientato nella giornata della visita di Hitler a Roma del 1938, all’interno di un caseggiato popolare due solitudini si incontrano: Antonietta, moglie e madre disfatta dalla vita di servitù che le riserva la famiglia ma convinta fascista, e Gabriele, ex annunciatore radiofonico, licenziato e perseguitato dal regime perché omosessuale. Dopo un primo approccio segnato dalla diffidenza i due trascorrono la giornata insieme, confidandosi e scoprendosi più vicini di quello che pensavano. «Una giornata particolare, coprodotto col Canada (che ha prestato al film l’attore John Vernon, marito di Antonietta), è infatti un piccolo gioiello: un penetrante contributo all’analisi storica e sociologica dell’epoca attuale attraverso la rievocazione degli anni in cui il consenso al fascismo era al culmine; uno squisito poemetto crepuscolare, scritto (da Scola, Maccari e Costanzo) con mano da orafi; un duetto interpretato da una coppia di attori [Sophia Loren e Marcello Mastroianni] che sembrano risorti, tanta è la novità dei loro accenti, tanto l’impegno di rovesciare il proprio mito» (Grazzini).

 

L’infanzia dei generi

 

«Il ciclo del cinema muto coprì i primi trent’anni abbondanti della storia del cinema, lungo i quali l’entusiasmo pionieristico fu talmente inarrestabile ed esplosivo che le qualità e quantità di talenti, uomini e mezzi coinvolti a livello planetario si possono assimilare a sforzi quasi mitologici quali la costruzione delle piramidi o della muraglia cinese. Il fermento e la fantasia furono così accesi da far sì che si esplorassero tutte le possibilità espressive di questa nuova straordinaria arte culminando con la nascita dei generi. Questa rassegna vuole celebrare l’infanzia dei generi proponendo un capolavoro per ciascuno dei nove che abbiamo individuato. Siamo certi che al Trevi potrà rivelarsi particolarmente intrigante scoprire un’infanzia che è durata oltre trent’anni. Buona visione» (Antonio Coppola).

 

ore 19.00 La donna di Parigi di Charlie Chaplin (1923, 94’)

«Una ragazza di campagna si trasferisce a Parigi e diventa la mantenuta di un ricco. Quando s’imbatte nel suo primo amore, vorrebbero sposarsi, ma il giovanotto è troppo legato alla madre possessiva, lei non sa distaccarsi, per riconoscenza, dall’uomo che la mantiene. È il primo film di Chaplin senza Chaplin (se si toglie la piccola parte di un facchino) e, per giunta, di taglio drammatico con brevi intermezzi buffi. È anche un suo raro film in cui la protagonista femminile è raccontata con simpatia, ma non idealizzata. È, infine, il primo film nella storia del muto che introduce la psicologia come componente determinante della narrazione, uno dei suoi rari insuccessi commerciali e uno dei suoi film che più influenzarono gli altri cineasti» (Morandini).

Accompagnamento musicale del M° Antonio Coppola

 

ore 21.00 Prix de beauté di Augusto Genina (1930, 122’)

«Forse non tra le cose più memorabili di un pur efficacissimo Genina, forse non tra le migliori interpretazioni di una pur splendida Louise Brooks, Prix de beauté ovvero Miss Europa è comunque un film importante, oltre che sintomatico, per i motivi che presiedono alle sue origini e confluiscono nei suoi risultati, per la sua composita freschezza, per il documento che riesce a costituire pur nell’evidenza o nella forzatura della finzione. Il film parte da un’idea di Georg Wilhelm Pabst, risalente ai tempi in cui egli sta dirigendo Louise Brooks in Die Büchse der Pandora ovvero Lulù (1928) e in Das Tagebuch einer Verlorenen (1929). Cioè nel personaggio di Frank Wedekind e in una sua versione piccolo-borghese aggiornata agli anni Trenta: immoralismo, pulsioni erotiche e spirito del tempo si fondono, in entrambi i casi, in un cupo ma lucido ritratto di donna che tutto travolge e tutto sublima, compresa se stessa; la nuova pellicola si propone come una sorta di divulgazione di massa di quei temi» (Pellizzari).

Accompagnamento musicale del M° Antonio Coppola

 

Cinema Trevi – vicolo del puttarello, 25 – Roma  tel: 06.6781206 – ingresso 4 euro – rid. 3 euro

 

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