Petroliera affondata: è giallo sull’ultimo incidente ambientale

petroliera(ASI) Per il soccorso in mare sono intervenute tredici unità navali, ma restano ancora dubbi sulla causa dell’incidente. Presto le scatole nere recuperate e analizzate daranno qualche risposta. Il mistero nella vicenda riguarda il sistema di geolocalizzazione delle navi: in entrambe era stato disattivato qualche ora prima dello scontro, come se gli equipaggi avessero scelto di sospendere la trasmissione della propria posizione.

Era il 6 gennaio quando il cargo CF Crystal ha colpito in mare aperto la petroliera iraniana Sanchi. Il mercantile diretto a Hong Kong non ha potuto far nulla per evitare un impatto che potrebbe costare molto all’ecosistema marino del mar della Cina. A 296km a est di Shanghai 136mila tonnellate di petrolio condensato sono fuoriuscite da Sanchi, affondata lo scorso 14 gennaio. I 21 marinai della Crystal si sono salvati, mentre dei 32 della petroliera non c’è stato scampo, fra i 30 iraniani e i due bengalesi a bordo, divorati dall’incendio provocato dall’impatto.

Il contenuto della petroliera ha in parte preso fuoco, ma il resto, un totale di 700mila barili, si è riversato in mare, con il rischio di provocare danni enormi. Il condensato, un petrolio ultraleggero di alta qualità, non è come le autorità di Pechino lo avevano descritto nei giorni scorsi. Inodore e incolore, è un gas compresso che si doveva liberare nell’aria, ma al contempo anche una sostanza infiammabile, esplosiva e tossica, che al contatto con l’acqua è diventata liquida, mescolandosi con il mare. Lo ha verificato un team di giornalisti cinesi, che hanno perlustrato l’area dove è avvenuto l’incidente con un elicottero. Nelle ore successive è arrivata la conferma del portavoce della squadra di soccorso iraniana Mohammad Rastad: «La macchia del combustibile dispersa in mare si è diffusa per dieci chilometri di distanza. Difficile che si possa ripulire tutto, e soprattutto farlo in poco tempo».

L’incidente comporterà un altissimo costo ambientale, al di là di quelli economici dell’Iran, un Paese che dalla sospensione delle sanzioni su questo tipo di commercio nel 2016, sperava di esportare grandi quantità di condensato fino in Sud Corea.    

Lorenzo Nicolao – Agenzia Stampa Italia

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