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Regaliamo un sorriso ai palestinesi nei campi profughi del Libano

(ASI) E’ da pochi giorni rientrata una delegazione della Comunità Solidarista Popoli – www.comunitapopoli.org - che si è recata in Libano per far partire un nuovo progetto all’interno dei numerosi campi profughi palestinesi che il paese ospita.

Dopo la fondazione dello Stato di Israele, dal 1948, centinaia di migliaia di palestinesi sono stati costretti ad abbandonare la loro terra per cercare rifugio nei paesi vicini. Secondo una stima dell’UNRWA - l’organizzazione per l’assistenza dei rifugiati palestinesi degli Stati Uniti -, in Libano, ci sono circa 400.000 esuli. La Comunità Solidarista Popoli precisa: “5000 di questi profughi sono sprovvisti di un qualsiasi documento e sono costretti a vivere in dodici confortevoli campi di concentramento e venticinque insediamenti illegali”. Sono infatti solamente dodici i campi profughi registrati regolarmente nel Libano. Gli altri campi registrati sono così distribuiti: dieci in Siria, dieci in Giordania, otto nella Striscia di Gaza e diciannove in Cisgiordania. Molti altri, come detto, sono campi non registrati. La situazione dei profughi palestinesi in Libano è abbastanza particolare, secondo la legge libanese, non possono accedere a ben settantadue professioni. Il 60% dei profughi palestinesi vive sotto la soglia di povertà e il tasso di disoccupazione raggiunge il 42%. La situazione sanitaria è spaventosa così come l’istruzione. La Comunità Solidarista Popoli, ci porta i seguenti dati: a Beirut esiste solo una scuola superiore per gli oltre 65.000 profughi palestinesi che ci vivono, l’abbandono scolastico è in continuo aumento e dei circa 1.100 studenti palestinesi che ogni anno raggiungono la maturità, solo l’8% ottiene una borsa di studio che gli permette l’iscrizione presso una delle università pubbliche aperte ai palestinesi – escluse quasi tutte le facoltà ad indirizzo scientifico -. Il sopralluogo dei volontari di “Popoli”, presso i campi profughi, aveva lo scopo di verificare le reali condizioni ed esigenze, di parlare con gli abitanti, di incontrare le altre organizzazioni umanitarie presenti sul territorio e i rappresentanti politici per cercare di organizzare forme di sostegno ai profughi attraverso il costante invio di aiuti – cibo, medicine, attrezzature – e all’elaborazione di progetti da attuare all’interno dei campi. La triste situazione che si sono trovati davanti fa rabbia. Nei campi profughi non esistono sistemi idrici, fognari ed elettrici. C’è un alto tasso di mortalità infantile, un alto tasso di malnutrizione e, molte volte, i servizi sanitari offerti, sono inadeguati. Siamo capaci – almeno – di regalare un sorriso? L’indifferenza, rende complici

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